Lasciatemi “bindeggiare”

mercoledì, 3 ottobre 2007

La famiglia mi osserva un po’ allibita, le rare volte che passo da casa. “Il papà è in giro per l’Italia a bindeggiare”, ridono fra di loro i figli. In effetti ho trascorso la domenica guidando fra San Giovanni Valdarno e Buccinasco, e poi Modena, Cremona, Vigevano, Reggio Emilia, Lecco, Como, Montichiari, in volo a Napoli e Palermo…e se ci riesco nei prossimi giorni bisognerà pure che dedichi un po’ di tempo al Collegio 1 di Milano, cioè la circoscrizione elettorale dove (per la prima volta in vita mia) mi sono candidato alle primarie del Partito Democratico, la prossima domenica 14 ottobre.

Alcuni amici internettiani mi hanno pure dotato di blog, dunque dialogherò ogni giorno con chi sia interessato alle mie proposte di riforma della politica (www.gadlerner.it).
In effetti sto bindeggiando con un impegno maggiore del passato. Già due o tre volte m’era capitato di rifiutare candidature “sicure” al parlamento europeo e nazionale, preferendo la mia fortunatissima vita di giornalista infedele. Ora invece mi butto personalmente, pur sapendo che la mia elezione come delegato all’assemblea costituente del Pd è senz’altro a rischio. In ogni caso non mi attendono né incarichi retribuiti né una carriera politica, al massimo mi vedrete fra i 2500 delegati. Il 15 ottobre torno a fare il mio mestiere. Ma dopo averne predicato per tanti anni la necessità, ora che il Partito Democratico sta costituendosi, purtroppo con ritardo e partendo col piede sbagliato, non mi perdonerei se non ci provassi fino all’ultimo. A fare che cosa?
Provarci a generare la scintilla. Riaccendere l’imprevisto della partecipazione popolare alla politica senza cui non esiste democrazia. Dirottare il percorso che prevede Veltroni garante di un accordo di potere già scritto nelle solite stanze, adoperando solo a scopo ornamentale le donne e le celebrità “usa e getta”. Esagero? Non credo. Un organigramma interamente maschile contempla Veltroni e Franceschini al vertice –uno per ciascun partito- più la spartizione dei segretari regionali: 16 uomini, 3 donne. Così le “quote”, metà uomini e metà donne, rischiano di trasformarsi in beffa.
Sono convinto che una donna coraggiosa e laica come Rosy Bindi faccia fare un progresso alla società italiana candidandosi alla guida del Partito Democratico. Nel sistema politico nessuno le dirà “prego, si accomodi”. Al contrario, tutti si affannano a complimentarla per poi aggiungere: “Però non è ancora il momento”.
Questa è la malattia che rischia di stroncare la democrazia in Italia: non è mai il momento. Come certi fumatori che decidono di rinunciare al vizio, ma ogni giorno rinviano: domani smetto, lo giuro, smetto domani…
Oggi abbiamo di nuovo selezionato i candidati alle primarie con imbarazzanti trattative di vertice, ma da domani… Oggi siamo costretti a dare i posti che contano ai maschi, ma da domani… Oggi non possiamo ancora praticare un sano avvicendamento negli incarichi, ma da domani…
Personalmente ho smesso di credere ai politici che propongono riforme virtuose come la riduzione del numero dei parlamentari, la fine dei privilegi, una buona legge elettorale maggioritaria, se prima non ci hanno dato il buon esempio delle loro scelte di vita personali. Per rifiutare il cumulo degli incarichi, cedere spazio ai giovani, recidere i tanti legami impropri con i poteri economici, mica occorre l’approvazione del Parlamento: basterebbe una minima capacità di rinuncia, un minimo di coerenza.
Per fortuna la pace familiare è garantita. Rosy Bindi piace anche a mia moglie Umberta per la sua laicità (da cattolica ha difeso i Dico) e soprattutto per l’assenza di tentennamenti con cui affronta le ingiustizie sociali: un giorno ci vergogneremo della campagna scatenata contro “l’invasione” dei rom; ci vergogneremo di avere confuso il sacrosanto bisogno di sicurezza e legalità con il fastidio suscitato in noi dai poveri troppo visibili. Forse una tipa tosta come Rosy saprà fronteggiare meglio di certi uomini anche certe impopolari scelte di civiltà, senza l’ansia di piacere a tutti.
Ringrazio “Vanity fair” che sopporta anche questa mia intrusione. Il Gad candidato alle primarie cerca il confronto con tutti i suoi lettori, ma dura al massimo due settimane.
Da “Vanity Fair”.

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