Primarie 14 ottobre

mercoledì, 17 ottobre 2007

E’ come se milioni di elettori di centrosinistra domenica scorsa si fossero messi in fila per dire: “Era ora, questo partito lo aspettavamo da un pezzo, da più di dieci anni ci riconosciamo nell’Ulivo e non se ne poteva più di tutte le vostre incomprensibili distinzioni”.
Messaggio ricevuto, sia pure in ritardo sul necessario: per una volta salutiamo un bel passo in avanti della politica italiana. Con il sincero augurio agli elettori del centrodestra di poter vivere presto anche loro una chiamata di partecipazione democratica altrettanto innovativa. Perché la cittadinanza attiva, l’esercizio della sovranità popolare nella selezione e nel ricambio del ceto politico, rappresentano un’iniezione di democrazia senza cui il sistema italiano è destinato a una brutta fine, non importa se tecnocratica o populista.
La sorpresa c’è stata. Non il nome del vincitore, Walter Veltroni, al quale rivolgo sinceri auguri dopo che gli ho mosso con lealtà le mie critiche. Ma è stata certamente una sorpresa il numero dei votanti, testimoni appassionati di un’Italia capace ancora di mettersi in fila e di versare un euro pur di approfittare di ogni occasione in cui si possa avere voce in capitolo sul futuro della collettività. I militanti effettivi di Ds e Margherita sono meno di un decimo dei cittadini protagonisti della “democrazia dei gazebo”. Non mi illudo certo che parteciperanno in tre milioni pure alla vita interna del Partito democratico, ma bisognerà trovare il sistema di consultarli sistematicamente, tornare a loro quando si tratti di assumere decisioni fondamentali, riconoscere il loro diritto alla scelta dei dirigenti.
Ho vissuto con intensità la campagna delle primarie sostenendo la candidatura di Rosy Bindi. Speravo si avvicinasse al 20 per cento dei voti, invece è rimasta sotto il 15. Porterà comunque nell’assemblea costituente del Pd un paio di centinaia di delegati completamente estranei agli equilibri di potere programmati. Rappresenteranno una variabile di libertà e fantasia molto utile, tanto più se Veltroni –forte del suo successo personale- vorrà liberarsi dalla stretta correntizia che ne aveva vincolato la candidatura.
Per parte mia la nascita del Partito democratico non è solo un obiettivo politico finalmente raggiunto. Diciamo che mi restituisce alla funzione di giornalista che sento come la più naturale. Prenderò una tessera per la prima volta in vita mia (sono stato pure eletto con percentuali lusinghiere) ma ora che ho la coscienza a posto il mio impegno contemplerà più di prima l’analisi disincantata e l’esercizio della critica, anche sul mio stesso partito.
E’ stata un’esperienza strana bindeggiare in giro per l’Italia, quasi dappertutto guidato e accompagnato da donne che prima non conoscevo. Capaci di esercitare una leadership meno calcolatrice, disposta alla sfida dell’impopolarità su temi delicati come il fisco, la sicurezza, la laicità, la denuncia delle burocrazie. Ho imparato un carattere della femminilità in politica che ignoravo: l’apparente fragilità che si rivela forza, una cura dei rapporti personali, l’incoraggiamento reciproco, la felice sfrontatezza nel rivendicare non il posticino per grazia ricevuta ma il posto da “numero uno” legittimato in virtù della propria autorevolezza. Per questo insegnamento devo un grazie a Rosy Bindi e alle sue compagne d’avventura.
E il mio amico Prodi? E i prodiani che si sono provvidenzialmente divisi e sparpagliati insieme a tutti gli altri? Varrà la pena di tirare un bilancio anche di questa componente destinata a scomparire nel Pd, dopo avere tenuta accesa la speranza dell’Ulivo e imposto il metodo delle primarie anche in tempi grami. Sono convinto che la tattica (o forse l’indole) di Romano –giocare sulla propria insostituibilità frenando invece sulla militanza politica autonoma- gli abbia nuociuto più di quanto lo avvantaggi. Ma sono dettagli.
Ora il Partito democratico c’è. L’esperimento è appena avviato, provocherà evoluzioni virtuose anche fra i suoi avversari. Soprattutto ricorderemo come una data felice domenica 14 ottobre se la democrazia delle primarie non resterà un episodio isolato sollecitando invece l’avvio di un nuovo protagonismo civico. Prossima tappa? Primavera 2008: il referendum contro una legge elettorale che, per difendere un sistema indifendibile, umilia la sovranità popolare.
Da “Vanity Fair”.

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