La fotografia, o meglio il suo impiego sui mass media, non sono mai neutri. Lascio a voi confrontare le tre immagini che pubblico una di fianco all’altra. La prima è la copertina di “Panorama” da oggi in edicola. Suggestivamente riferita al clima di emozione determinato la settimana scorsa dall’omicidio della signora Giovanna Reggiani a Roma, la foto di Manrico Gatti per l’agenzia Olycom è in realtà vecchia di qualche anno. Insomma, diciamo che serve a creare “il clima”.
Le altre due foto sono state scattate invece lo scorso martedì 30 ottobre a Roma subito dopo lo sgombero del campo abusivo di via Gordiani.
Le ha scattate un volontario che da anni si occupava dell’integrazione dei minori che risiedevano in quella baraccopoli. Dopo il passaggio delle ruspe, nel fango restano alcuni libri e quaderni scolastici. Anche queste fotografie sono suggestive: può darsi che quei bambini e quegli adolescenti di cui ignoriamo dove dormano oggi, siano stati “acciuffati” dalla tenacia dei loro insegnanti e non abbiano lasciato la scuola. Può darsi. Speriamo. Ma non è questione di avere la “lacrimuccia facile” come qualcuno ha lasciato scritto sul blog. E non è neppure questione di bontà personale.
Mi si chiede se nella mia famiglia vi siano rom adottati, e quale contributo pratico diamo all’ospitalità. Devo rispondere che sì, vi sono legati affettivi e d’impegno sui quali pretendo sia mantenuta una sacrosanta discrezione.
Ma quella domanda maliziosa ne sottende una serie di altre. Se siete tanto buoni, perchè non ve li prendete in casa vostra che magari è pure
lussuosa? Parlereste ancora così se vi violentassero una figlia o una sorella?
Ebbene, questo è il punto. L’integrazione rappresenta un interesse, perfino una convenienza, di natura pubblica. A prescindere
dai sentimenti dei singoli cittadini. Deve essere affare delle istituzioni, e non di singoli enti caritatevoli, occuparsi di dove
dormono e come vivono le fasce deboli della nostra società. Nè vorrei dare per scontato che l’atroce sofferenza inferta alla tua famiglia debba riciclarsi necessariamente in furia vendicativa. Ce lo insegnano anche il marito e il fratello di Giovanna Reggiani.