Adesso che Franco Bernabè torna dopo otto anni alla guida di Telecom, vale la pena di rileggere cosa pensava della “madre di tutte le opa” organizzata dai “capitani coraggiosi” Colaninno e Gnutti all’inizio del ’99, forti della benevolenza del premier D’Alema. Di mezzo, com’è noto, per Telecom sarebbe seguita la gestione Tronchetti Provera.
Qui di seguito il mio articolo, uscito su “Repubblica” il 23 febbraio 1999 con il titolo: “Caro Massimo, fai attenzione: così distruggeranno Telecom”.
ROMA – “Saranno centinaia di migliaia, domani, gli italiani che correranno a comprare in Borsa i titoli del grande affare che tu, D’ Alema, hai magnificato. Un errore catastrofico. Dopo il boom, puntuale, verrà il crollo. La conquista di Telecom da parte di
Olivetti si rivelerà per quella che è, una bolla di sapone. Le banche d’ affari ci avranno guadagnato un mucchio di soldi, ma sul
terreno resteranno migliaia di cadaveri. Tutti sul conto del governo di sinistra, colpevole di avere sponsorizzato un’
operazione inconsistente, senza uguali dai tempi di Sindona. Sì, di Sindona. Perché almeno Gardini quando scalava la Montedison ci
metteva due-tremila miliardi di suo”. Così, col sorriso tagliente e la voce bassa di sempre, domenica scorsa, a mercati ancora
chiusi, l’ amministratore delegato di Telecom, Franco Bernabè, si rivolgeva al presidente del Consiglio, Massimo D’ Alema. Ma come?
La nuova “razza padana”, la rivoluzione dei piccoli che finalmente si consorziano per diventare grandi, l’ eclissi delle vecchie
famiglie… “Tutti a chiedersi chi c’ è dietro alla cordata in grado di cambiare i connotati del capitalismo italiano? Te lo dico
io, Massimo, chi c’ è lì dietro. Ci sono il grande finanziere Gazzoni Frascara, che investe su Telecom ben dieci miliardi; e poi
la nota contessa Bona Frescobaldi, che vale trenta miliardi se si contano anche le pentole della sua cucina. Devo continuare
Massimo? Non pensi che l’ Olivetti e con lei il governo avrebbero fatto meglio a industriarsi per evitare la cessione di Omnitel e
Infostrada ai tedeschi, anziché mettersi a trafficare con opa più grandi di loro? Perché poi, parliamoci chiaro, un’ opa come
questa, messa su in maniera pasticciata e indebitandosi, se davvero non si sgonfiasse subito come si sgonfierà, sortirebbe un
unico risultato: la distruzione di Telecom e lo smembramento delle sue società. è questo che vuole il governo di sinistra? Non
sarebbe stato meglio che Olivetti investisse i suoi eventuali margini operativi in maniera proporzionata alle proprie forze,
magari comprando una bella azienda americana, oppure, perché no, attivando un nuovo business a Ivrea che ne ha tanto bisogno?”.
Pare che lo sfogo domenicale di Bernabè con D’ Alema si sia prolungato per un’ ora e mezza. Due coetanei cresciuti in
parallelo nella politica e nelle Partecipazioni statali. E sicuramente il primo, divenuto capo del governo, aveva visto di
buon occhio il passaggio di quel manager duro ma felpato dal vertice Eni alla più grande impresa nazionale. Salvo poi
sponsorizzare, in quanto “coraggioso”, il titanico disegno acquisitorio di Colaninno, Gnutti e soci, tutta gente in ottimi
rapporti col ministro dell’ Industria Bersani, gente che sembrava in grado di regalare una boccata d’ ossigeno al capitalismo
italiano, e magari anche una nuova, solida base di consenso alle politiche di Palazzo Chigi. Troppo orgoglioso, Bernabè non ha
voluto ammettere di sentirsi tradito da quella sponsorizzazione a lui ostile – “il rischio rientra nelle regole del gioco, anzi, è
il bello del mestiere” – rivendicando invece il proprio ruolo di manager “senza padrone”. Con D’ Alema gli era già successo di
discuterne quand’ era ancora all’ Eni, e il futuro premier gli faceva notare l’ eccessiva “autoreferenzialità” di cui gode un
potente dell’ economia come lui: “Caro Massimo, tu ti sottoponi a verifica ogni qualche anno, con il voto. E per il resto, semmai,
paghi dei sondaggi. Io invece vengo sottoposto ogni mattina all’esame del mercato, milioni di risparmiatori decretano comprando o
vendendo titoli se ho fatto una cazzata o invece mi sto muovendo bene nell’ interesse della società che amministro. Se all’ Eni
sono sopravvissuto al cambio di sette governi, compreso quello di Berlusconi, è perché ho attinto altrove la fiducia necessaria.
Allora, chi è il più autoreferenziale tra noi due?”. Il bombardamento domenicale di Bernabè, invece, si è concentrato
tutto sull’ inverosimiglianza dell’ opa lanciata da Colaninno e soci: “Massimo, capisco che le banche ci stiano, perché nell’
immediato da questa storia possono trarre ottime commissioni. Ma i risparmiatori? E gli interessi nazionali nel campo delle
telecomunicazioni? Altro che British Telecom, dietro agli inventori di questa opa sgangherata non c’ è proprio nessuno.
Lascialo dire a me che li conosco bene, quelli di British Telecom.
Né mi aspetto grandi rilanci, dopo questa prima offerta d’ acquisto per dieci euro, di cui solo sei cash. Le grandi fusioni
societarie di cui parlano i giornali si sono fondate su scambi azionari, questa si fonderebbe solo sull’ indebitamento. Spiace
solo per gli effetti devastanti che avrà sul mercato, ma Telecom continuerà ad essere una “public company” guidata da manager senza padrone”. Come un buon giocatore di poker, Bernabè sembra restare impassibile anche di fronte alla previsione comune di tutti gli esperti: che inevitabilmente si formino altre cordate di potenziali acquirenti, una volta verificato che Telecom è scalabile. Lui cavalca il risorto orgoglio aziendale, e ai collaboratori che gli chiedono una confidenza sui futuri possibili compratori ripete un solo ritornello: “Perché volete per forza imporre a Telecom un padrone? Non ne ha bisogno. Io sono e resterò un manager senza padrone”. L’ alba del lunedì ha portato consiglio. I titoli, com’ era prevedibile, sono schizzati all’insù. Ma il presidente del Consiglio Massimo D’ Alema, ha sentito il bisogno di intervenire nuovamente sulla vicenda: stavolta per sottolineare la neutralità del governo e il suo impegno a preservare l’ integrità del patrimomio Telecom dall’ ipotesi di smembramento. L’ impressione è che a questa nota di Palazzo Chigi non sia del tutto estraneo lo scambio d’ opinioni avuto ieri con Franco Bernabè. Compreso quel sussulto finale, gli occhi levati al cielo: “Possibile che proprio il governo di sinistra rischi di fare la parte del dilettante, in questa storia?”.