Giacomino, il piu’ piccolo dei miei figli, vuole in regalo la maglia del centenario dell’Inter, quella bianca con una grande croce rossa davanti. E’ un bambino fortunato: ha la mamma cristiana e dunque arrivano pure i doni natalizi, dopo quelli della Channuka’ ebraica. Gliela prendero’, naturalmente, e saro’ felice della sua felicita’. Anche se io, interista sfegatato, farei personalmente un po’ di fatica a indossarla perche’ richiama davvero fortemente la divisa crociata dei Templari, artefici di una terribile guerra di religione contro musulmani, cristiani ortodossi, eretici ed ebrei.
Sono passati quasi mille anni, obietterete con ragione. Infatti vi ripeto che non proibirei quella maglia a mio figlio, anzi gliela regalo. L’avvocato di Smirne che ha fatto ricorso all’Uefa contro la vittoria dell’Inter sul Fenerbahce, perche’ i nostri indossavano quella maglia, ha evidentemente torto marcio. E scherza col fuoco dei simboli religiosi. Ma il problema esiste, nello sport globalizzato che non e’ piu’ quello del 1908.
Lo dimostra il fatto che l’Inter per sua, apprezzabile, scelta spontanea aveva evitato di indossare quella maglia a Istanbul. Mi chiedo: e se giocasse ancora con noi l’ottimo turco Emre? Avrebbe di sicuro avuto problemi con la sua coscienza o con l’opinione pubblica del suo paese.
il calcio cosmopolita puo’ aiutarci a capire che per convivere bisogna sapersi mettere nei panni degli altri. La croce e’ un simbolo sacro irrinunciabile, e odiosi sono i regimi che lo proibiscono. Ma l’involontaria citazione crociata e’ uno scherzo della storia da accettare con ironia e maneggiare con cautela. Viva l’Inter!