Da Mosca, pensieri italiani

martedì, 18 dicembre 2007

mosca

Non venivo a Mosca da quasi vent’anni. Fa impressione ritrovare la capitale dell’Unione sovietica -splendida all’inizio dell’inverno, con le prime spruzzate di neve e luccicante di addobbi natalizi- trasformata in capitale mondiale del lusso. Forse la citta’ piu’ cara e griffata del mondo. Che non ha demonizzato i simboli comunisti, lascia campeggiare stelle rosse, falci e martelli nella metropolitana e nei monumenti della guerra patriottica, forse perche’ del comunismo ha conservato il concetto di nomenclatura.
Gia’ c’era vent’anni fa -ma oggi pare accresciuta- l’accettazione senza scandalo di un’ingiustizia sociale esibita al massimo grado. L’oligarca e la mendicante. Il funzionario con bodygard e auto dai vetri oscurati, in mezzo ai pezzenti. Capisco che c’e’ una tradizione antica della Russia paese odiosamente classista, riproposta nelle clamorose gerarchie dell’autoritarismo putiniano. La democrazia pare un fattore estraneo, vietato illudersi di superare le barriere di classe altrimenti che con la forza e il mercimonio.
Mi chiedo se questa assuefazione a vivere separati fra nuovi servi della gleba e nobilta’ possidente, non sia anche il destino dell’Italia. L’esibizione di opulenza, a Milano e Roma, non raggiunge ancora la sfacciata grandiosita’ moscovita. Ma l’indifferenza alle disuguaglianze sociali e’ un contagio che avanza.
Il breve viaggio a Mosca (domani sera torno alla base) mi conferma nell’idea che questo distanziarsi fra privilegiati e marginali abbia dei costi ancor piu’ alti del caviale e dei gioielli. Implica una perdita di coesione sociale dai potenziali effetti devastanti. Siamo destinati a diventare una societa’ sempre piu’ cinica e violenta?

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