Primavera ci porterà il referendum

mercoledì, 19 dicembre 2007

Referendum

Questo mio articolo esce oggi su “Vanity fair”:

Nell’ultimo Infedele dell’anno il direttore mi chiede di tracciare un bilancio della politica italiana.
Romano Prodi non è riuscito a guarire la nostra povera politica ammalata, ma io trovo già notevole che, resistendo a Palazzo Chigi, abbia evitato il trascinamento in malora dell’intero paese. Grazie alla precaria sopravvivenza del suo governo ha potuto vedere la luce il Partito democratico, e con le primarie s’è affacciato sulla scena un nuovo protagonista, Veltroni. Dunque il centrosinistra ha avviato un ricambio generazionale in anticipo sul centrodestra, che infatti versa in evidente stato confusionale. Il carisma potrebbe sorreggere Berlusconi al vertice molto più a lungo di quanto l’anagrafe e il buon senso consiglierebbero. Ma ciò produce divisioni laceranti con i suoi ex alleati.
Così l’anno ha potuto concludersi con un evento impensabile quand’era cominciato: Berlusconi che si rilegittima nell’incontro con l’avversario Veltroni. Non solo, ma si lascia incantare dalla prospettiva di una “vasta coalizione” auspicata dal più navigato dei suoi consiglieri, Gianni Letta.
Pare che incontrandosi con il segretario del Pd, il Cavaliere abbia esordito più o meno così: “Io sono il messia che ti libererà dai comunisti”. Il sogno del Cavaliere, infatti, è che la nascita del Pd mandi in frantumi l’alleanza con la sinistra dell’Unione. E perciò mandi a casa il garante di tale alleanza, cioè Prodi. Un licenziamento finora rivelatosi impossibile al Senato perché anche fra i nemici di Prodi è malvista l’idea che al suo posto ritorni per la terza volta il solito Berlusconi.
Il desiderio di uscire dall’angolo e di imporre la sua supremazia agli ex alleati, è la ragione per cui Berlusconi ha infine accettato di legittimare Veltroni, invece di apostrofarlo come ex comunista mangiabambini. Sperando di condividere con Veltroni il desiderio, per quest’ultimo inconfessabile, di sbarazzarsi di Prodi. Sarebbe giunta così, finalmente, la stagione dei grandi partiti a vocazione maggioritaria in grado di guidare la Repubblica senza lasciarsi ricattare dai piccoli?
Magari. Per instaurare il dialogo sulla nuova legge elettorale con Berlusconi –ma anche con Bertinotti, Casini, Bossi- Veltroni ha dovuto abiurare i propositi maggioritari che sei mesi fa lo avevano portato a “quasi” firmare il referendum, ribaditi fino alla vigilia delle primarie e perfino dopo. Fra i dalemiani, i rutelliani e i mariniani del Pd prevale l’idea che con un sistema proporzionale sarà più semplice sopravvivere anche in caso di sconfitta elettorale. E soprattutto sarà più facile isolare il nuovo partito di Berlusconi, lasciando spazio a un’autonoma formazione di centro. Per questo difendono anche il diritto alle “mani libere”: cioè nessun obbligo di vincolarsi a una scelta di coalizione prima delle elezioni.
Io non credo che il ritorno al proporzionale sia una buona cura per la malattia della politica italiana. Condivido le preoccupazioni (trasversali) di un gruppo di studiosi -da Salvati a Panebianco, da Fisichella a Giavazzi, da Andreatta a Galli della Loggia, da Veneziani a Debenedetti- che ricordano il tempo dell’instabilità e del dissesto nei conti pubblici. Rilevando come le “mani libere” darebbero vita a un sistema non più bipolare, ma “tripolare”, sempre ricattabile da una minoranza. I partiti che stanno trattando per scongiurare la minaccia (per loro, non per noi) del referendum, fingono di ignorare il gradimento di cui gode fra i cittadini il sistema maggioritario in vigore nelle elezioni dei Comuni, delle Province, delle Regioni, cui hanno conferito trasparenza e stabilità di governo.
Strano che tali considerazioni abbiano ottenuto udienza quasi nulla sugli stessi giornali in cui scrivono le personalità citate. Il dubbio è che il ritorno al proporzionale non convenga solo ai politici, desiderosi di restare in sella pure in caso di sconfitta, ma anche a settori dell’establishment illusi di contare di più condizionando destra e sinistra da uno strapuntino di centro.
Insieme agli auguri per l’anno nuovo, dunque, posso solo ripetere ancora: il 2008 sarà fortunato perché con la primavera ci porterà il referendum. Sarà meglio che ce la facciamo da noi, la riforma della politica.

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