La bandita, pensieri di fine anno

domenica, 30 dicembre 2007

Lepre

Per la quarta mattina di fila ho partecipato alla bandita delle lepri, insieme ai miei amici cacciatori della Valcerrina. In pratica si tendono reti lunghe centinaia di metri su e giù per i bricchi del Monferrato. Poi ci si allinea uno di fianco all’altro, in una lunghissima fila orizzontale e si avanza facendo tutto il casino possibile, di modo che le lepri sbuchino fuori dai covi e fuggano sino a imprigionrsi nelle reti. Lì i guardiacaccia le rinchiudono in apposite gabbie di legno. Le accoppiano col criterio di evitare il rischio della consanguineità, e poi le liberano in un altro territorio.
Una battuta di caccia pacifica (le uniche a cui partecipo) che serve al ripopolamento e all’incrocio tra famiglie di lepri diverse.
Si parte con il primo chiarore, nella brina che imbianca i campi, col freddo sottozero, in un paesaggio invernale meraviglioso. Intanto, tra un verso della lepre e un fagiano che si alza in fuga, capita perfino di pensare un po’. E siccome domani sarò al monastero di Bose, dal carissimo priore Enzo Bianchi, a parlare di chi sia “lo straniero”, rimuginavo di questo bisogno primitivo dei cacciatori: aiutare la natura perchè le lepri s’incontrino e possano accoppiarsi fra straniere, traendo rinnovata forza dalla felice avventura dell’imbastardimento. I cacciatori sanno benissimo che con le sole lepri del posto non c’è futuro…
Torno in cascina e -delusione- scopro che anche un uomo spiritoso e di mondo come il nostro Cesare del blog, per amor di battuta, scivola nell’indecenza. Non esita cioè (vedi intervento 21 nel sottostante post su Benazir Bhutto) a scherzare su un
uomo che un mese fa ha perduto un figlio nel rogo della sua baracca. Sfotte, Cesare, fa il verso. Accoppia nel sarcasmo quello sfortunato lavoratore di etnia rom (peraltro dotato di regolare permesso di soggiorno) a una banda di spacciatori maghrebini. Stessa roba, dal suo punto di vista?
Capita a tutti, me compreso, di pisciare inavvertitamente fuori dal vaso. Non è un caso però che a Cesare sia potuto accadere su un rom che ha perso il figlio bruciato vivo, più facilmente che sugli operai morti nel rogo della ThyssenKrupp.
Lo straniero, se non è una lepre da incrociare per ripopolamento, ispira battute molto meno pacifiche di quelle in corso tra le mie colline.

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