Quel che Veltroni non ha detto a Ferrara

giovedì, 10 gennaio 2008

veltroni

Oggi “Avvenire”, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, sfotte i sessanta parlamentari cattolici che la primavera scorsa “disobbedirono” alla gerarchia sottoscrivendo la legge sui Dico. Si trattò di un atto coraggioso senza cui difficilmente sarebbe nato il Partito democratico. Poi ci fu il “Family day”, l’insabbiamento parlamentare dei Dico, ora la campagna per la moratoria sull’aborto.
Così, assai, compiaciuto, l’editorialista Marco Tarquinio dice ai cattolici democratici: avete visto? A distaccarvi dalla vostra Chiesa vi siete ritrovati con un pugno di mosche, e per di più ammutoliti, zitti, senza ruolo nel dialogo avviato sull’aborto.
Impressiona anche me, che pure cattolico non sono, il silenzio di tanti vescovi e protagonisti laici della vita ecclesiale, i quali patiscono l’uso strumentale della religione su cui si basa l’alleanza instaurata da Ruini con gli “atei devoti”. Ma ritengono impossibile distinguersi pubblicamente. Questo, mi direte, è un problema che riguarda la Chiesa.
Ma è anche un brutto segno dei tempi.
C’è poi un riflesso politico che riguarda tutti noi fautori del Partito democratico, inteso come luogo accogliente dove agiscano laicamente insieme i credenti, i diversamente credenti, i non credenti. Non mi piace che l’offensiva antiabortista ci veda reagire con un automatismo dell’epoca precedente il Pd: da una parte l’associazione dei cosiddetti “laici” su iniziativa di Barbara Pollastrini e Gianni Cuperlo (il loro documento è ragionevolissimo, loro sono tra i miei compagni d’avventura preferiti, ma non c’entra); e dall’altra magari gli ex democristiani di nuovo associati per conto loro. Possiamo, dobbiamo affrontare insieme la sfida culturale: anche
sul tema della difesa della vita.
Per questo non mi dispiace affatto che Veltroni offra disponibilità alla richiesta di un incontro con Giuliano Ferrara. Perchè no? Mi dispiace solo per le parole che mancavano nella sua altrimenti ineccepibile lettera al “Foglio”. Una presa di distanze dall’inammissibile analogia con la moratoria Onu sulla pena di morte. Il dialogo non può iniziare da un’accusa di complicità con un genocidio, e indirettamente da un’accusa di omicidio rivolta alle donne che abortiscono.

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