Lettera a Rosy Bindi

lunedì, 21 gennaio 2008

Rosy Bindi

Cara Rosy Bindi,

mi rivolgo a te come donna cattolica impegnata in politica. Come ben sai, abbiamo dato vita all’unica componente del Partito democratico che ha già realizzato al suo interno la fusione tra le diverse culture dell’Ulivo: sulle questioni politiche e sociali, ma anche rispetto ai diritti da tutelare riguardo al nascere, al vivere, al morire, al prendersi cura dell’altro, sappiamo di poterci intendere laicamente. E’ un progresso, una conquista cui tengo molto. So che i nostri diversi rapporti con la fede, le nostre varie motivazioni all’impegno politico, lungi dal costituire un ostacolo rappresentano uno stimolo prezioso a realizzare l’intenzione che ci accomuna. Tu stessa lo hai dimostrato più volte, anche pagandone un prezzo nella relazione con la tua Chiesa, da ultimo sulla vicenda dei Dico.

Di fronte alle ripetute strumentalizzazioni politiche dell’argomento religioso, mentre perfino nel Pd prevale la tentazione anacronistica a suddividersi di nuovo tra area laica e area cattolica, dobbiamo compiere un passo ulteriore. Difficile, me ne rendo conto, ma necessario. Nella sfida culturale che si è aperta intorno al ruolo pubblico della religione e ai vincoli di appartenenza che ne deriverebbero, ciascuno di noi deve intervenire senza autocensure. Qui non basta trovarci d’accordo su una piattaforma politica. Entrano in gioco motivazioni e responsabilità personali che del resto ispirano anche il linguaggio, gli argomenti, le priorità del nostro agire.

Per esempio è evidente che la mia particolare sensibilità sulla questione rom deriva anche dalla memoria delle vicissitudini sofferte dal popolo ebraico. Le mie denunce non risultano certo meno laiche per il fatto che a ispirarle sia una visione biblica.

Allo stesso modo credo che tu, cattolica impegnata in politica, daresti un contributo di laicità esplicitando i tuoi argomenti cristiani contro l’abuso evidente della dottrina, del riferimento all’autorità papale, dei valori religiosi. Se ritieni che tutto ciò sia inaccettabile, da un punto di vista cristiano, dillo con voce ferma e pacata. La mortificazione della fede non più intesa come testimonianza e condotta di vita, la riduzione del cristianesimo a identità che prescinde dalla coerenza, lo spirito evangelico calpestato dall’urgenza di irregimentarsi, non devono essere più taciute.

Posso comprendere la cautela di chi ha dato un contributo decisivo alla nascita di una formazione politica ispirata al principio di laicità, ma non è più giustificabile alcuna timidezza. Non sarebbe affatto un passo indietro che dei leader cristiani prendano la parola come cristiani. Succede abitualmente nella campagna elettorale americana, sono sicuro che trovereste vasta udienza anche in Italia cimentandovi nel confronto sui valori. Un po’ ce lo dovete, ma soprattutto lo dovete a voi stessi. E tu hai la credibilità per farti ascoltare, corrispondendo alle aspettative.

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