Da Dimona a Torino, difendiamo Israele

lunedì, 4 febbraio 2008

Bomba autobus attentato

Torna in azione il terrorismo suicida nella città israeliana di Dimona, non lontana dalla striscia di Gaza. I palestinesi sanno benissimo che non gliene verrà niente di buono. Gli israeliani saranno di nuovo tentati di reagire con una rappresaglia che allontana le speranze di pace senza fornire garanzie di sicurezza. Una spirale che ben conoscono sia Olmert che Abu Mazen, per questo confido ancora che l’accordo promesso a Annapolis -nascita dello Stato palestinese e pace entro il 2008- non venga frettolosamente archiviato. Pena la definitiva vittoria delle leadership estremiste da entrambe le parti.
Ancora più irresponsabili, alla luce dell’odierno attentato criminale, paiono le voci isolate che predicano il boicottaggio del prossimo Salone del Libro di Torino, dove Israele è invitato come ospite d’onore nel sessantesimo anniversario della sua fondazione. Il boicottaggio può essere in altre circostanze l’unica arma di denuncia esercitata dall’oppresso nei confronti dell’oppressore. Ma come insegnano sia la migliore letteratura israeliana sia l’intellighenzia araba progressista, questo in Medio Oriente è il tempo in cui le persone sagge cercano di costruire ponti di dialogo e reciproca comprensione.
Gli scrittori israeliani sono grandi anche per la loro capacità di mettersi nei panni dei palestinesi. Per questo subiscono attacchi dalla componente guerrafondaia dell’opinione pubblica israeliana. Non a caso nei giorni scorsi, di fronte all’imbecillità delle proposte di boicottaggio, un esponente della Comunità ebraica italiana, Giorgio
Israel, specialista nell'”armiamoci e partite”, ha auspicato che Israele rifiuti per protesta l’invito di Torino. Ignorando la fatica con cui da decenni lo Stato ebraico opera in senso contrario, cercando di partecipare a tutte le manifestazioni sportive, scientifiche, culturali da cui il rifiuto arabo vorrebbe tenerlo escluso. In tempo di guerra i boicottatori non faticano mai a trovare complici nell’opposta schiera. Per fortuna la sinistra italiana nella sua sostanziale interezza, da Fassino a Bertinotti, oggi ha capito che difendere Israele fa parte del suo dna. Con lo stesso impegno dovremo difendere e
valorizzare gli intellettuali arabi e musulmani che si ribelleranno al ricatto reazionario dell’integralismo, proseguendo anche al Salone di Torino un dialogo faticoso ma indispensabile.

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