L’attaccante Balotelli e i difensori della vita

mercoledì, 6 febbraio 2008

Balottelli

Da una meravigliosa fiaba calcistica all’insensibilità degli antiabortisti… Ecco il mio articolo uscito oggi su “Vanity fair”.

Volevo scrivere di Mario Balotelli Barwuah, cioè di come l’amore e la famiglia possano darsi pure in assenza di consanguineità. Conoscete la storia di questo diciassettenne con l’accento lumbard e la pelle nera, divenuto formidabile goleador nerazzurro? Un neonato ghanese ricoverato d’urgenza all’ospedale dei bambini di Palermo. Tre operazioni all’addome per salvargli la vita. Per quattordici mesi resterà in corsia perché i genitori sono privi di un’abitazione decente. Dato in affido a una famiglia di Brescia, ha cinque anni quando esibisce le sue doti calcistiche all’oratorio di Mompiano salendo e scendendo da tavoli e sedie senza smettere di palleggiare. A scuola è un ribelle, in campo un campione capace di infilare due gol alla Juventus prima ancora di compiere la maggiore età e di ottenere il passaporto che lo porterà, speriamo, a essere il primo attaccante di colore della nazionale italiana.
La ricompensa finale di questa fiaba straordinaria va maneggiata con cura, come sempre quando ci sono di mezzo quattro genitori, un equilibrio affettivo delicato, la fatica di un vissuto difficile sempre in agguato. Ma il fatto stesso che Supermario possa sentirsi a pieno titolo un componente grato e protetto della famiglia Balottelli, suscita la mia ammirazione per questi genitori adottivi che piangono di gioia davanti alla tv e per i fratelli acquisiti che accudiscono da manager il tesoro sbocciato in casa loro.
La consanguineità generativa della cosiddetta famiglia naturale non costituisce un limite alla cura amorevole che saremmo tutti in grado di dedicare ai bambini già nati, a noi prossimi ma ingiustamente penalizzati dalla sorte. Non occorre essere Brad Pitt e Angelina Jolie per vivere questa esperienza d’amore inclusivo.
Volevo esultare per la fiaba vera di Mario Balotelli, dunque. Ma rieccoci vittime di una polemica ideologica sulla difesa della vita nascente, rilanciata da Benedetto XVI all’indomani di un pronunciamento dei ginecologi romani sull’obbligo di rianimare i prematuri vitali a prescindere dalla volontà della madre. Polemica superflua, come ha notato giustamente la dottoressa Alessandra Kustermann, perché già tale obbligo deontologico è contemplato dalle leggi vigenti e come tale viene assunto senza clamore nella pratica ospedaliera. Un organismo vitale distaccato dal cordone ombelicale diviene per ciò stesso soggetto di cura, anche se il più delle volte si tratta di cure compassionevoli prodigate a chi ha solo probabilità minime di sopravvivenza, essendo peraltro destinato a menomazioni irreparabili.
L’impostazione accusatoria e colpevolizzante della campagna antiabortista finisce così per sollecitare reazioni dubbiose. Sono forse quei medici più sensibili, più buoni, delle donne che scelgono la via dolorosa dell’aborto terapeutico nel secondo trimestre di gravidanza?
Come mai la sensibilità dei difensori della vita spesso pare limitarsi a una tutela ideologica della vita nascente? Affiora il dubbio che i nuovi teorici antiabortisti si rivelino viceversa insensibili a sofferenze più prossime, ma evidenti, che riguardano bambini già nati e -perché no?- adulti che ci vivono accanto deprivati di diritti fondamentali.
Finiamo così per dubitare, forse ingiustamente, della buona fede degli antiabortisti: sarà un caso che tanto spesso i loro portavoce non abbiano figli? Eluso l’impegno della genitorialità, che titolo avrebbero costoro per fare la predica alle donne?
Come ha ricordato al mio Infedele televisivo il cattolico Giovanni Bachelet, non è affatto vero che in politica, nella scienza, nella medicina, esistano solo alcuni dilemmi “eticamente sensibili”. Lo scandalo delle morti sul lavoro dovute all’abbassamento degli standard di sicurezza, sacrificati sull’altare del profitto, è forse meno “eticamente sensibile” del dramma dell’aborto?
Le virtù silenziose della delicatezza e della modestia vengono calpestate dal furore ideologico che non a caso marginalizza la voce delle donne e prescinde dalla loro esperienza di vita.
In Italia ci sono crociati che assimilano l’aborto all’omicidio ma predicano la cacciata dei Mario Balotelli. La graduatoria delle loro sensibilità mi risulta inaccettabile.

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