L’Africa e la pubblicità

venerdì, 29 febbraio 2008

benetton

Vi propongo la mia rubrica pubblicata dagli amici comboniani su “Nigrizia”, giornale cui sono orgoglioso di collaborare da otto anni (il mio record di fedeltà!).

Perché no? La Benetton ha lanciato un’imponente campagna promozionale (e di belle inserzioni pubblicitarie) collegata a un progetto di microcredito in Senegal. Il tutto nasce dal rapporto instaurato con il musicista Youssou N’Dour e naturalmente si traduce pure in un video, “Birima”, con la partecipazione di Patti Smith, Francesco Renga, Irene Grandi e Simphiwe Dana.
Ripeto: perché no? O se preferite: sempre meglio che niente. Certo restiamo distanti dai piani d’investimento concepiti in una logica culturale di “restituzione”, su cui stanno facendo scuola i big del capitalismo filantropico statunitense –da George Soros a Bill Gates- ma il ritorno della Benetton a un impegno sociale meno provocatorio ma, speriamo, più duraturo è da salutare con favore.
Non sono in grado di valutare nel merito il progetto di microcredito Birima, anche se il modello fornito a livello mondiale dal banchiere dei poveri Muhammad Yunus, nonostante le inevitabili controversie seguite al suo successo, mi sembra comunque una garanzia. Diciamo che sarà bene tenergli puntato addosso lo sguardo collaborativo ma severo del volontariato e di media indipendenti come “Nigrizia”. Ma se una multinazionale dell’abbigliamento si presenta all’appuntamento delle sfilate con questo biglietto da visita dell’impegno in Africa, è solo un bene.
Ricordo che una decina d’anni fa le campagne sociali della Benetton subirono una battuta d’arresto per la maldestra reazione dell’azienda a una denuncia giornalistica: era stato segnalato il caso di uno stabilimento turco che impiegava manodopera minorile. Nonostante che si trattasse di un subappalto, e di un’eventualità purtroppo sempre in agguato quando si esternalizzano le produzioni, Benetton smentì infastidita, alludendo a complotti, dando l’impressione di non volersi assumere in prima persona la denuncia di simili episodi (problemi di concessioni col governo turco? Chissà). Fu allora che iniziò a vacillare il binomio di ferro tra Oliviero Toscani e Luciano Benetton che nel 2000 –dopo l’imbarazzante ritiro della splendida campagna Usa sui condannati a morte- portò al divorzio definitivo. E a un lungo disimpegno dell’azienda di Ponzano Veneto dalla comunicazione pubblicitaria a sfondo sociale.
Bentornata, dunque, sotto i riflettori non solo delle passerelle di moda, ma anche del monitoraggio di chi all’Africa dedica per davvero la vita. Teniamoci informati…

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