Israele e la trappola di Gaza

sabato, 8 marzo 2008

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L’orrendo attentato alla scuola rabbinica Mercaz Harav di Gerusalemme, più ancora del sistematico lancio di missili Kassam su Sderot e Ashkelon, sono il drappo rosso con cui gli strateghi del terrore vogliono far infuriare il toro -Israele- per attirarlo in una trappola micidiale.
Non mi è chiaro chi siano i registi di questa operazione (componenti filoiraniane di Hamas, magari in rotta di collisione con la più prudente Damasco?), ma evidente ne appare il fine: costringere il governo israeliano a ripetere a Gaza l’infausta campagna militare dell’estate 2006 in Libano. Attirare in profondità nella striscia di Gaza le truppe di Tsahal, non certo illudendosi di sconfiggerle, ma avendo la certezza di infliggere loro perdite gravi, insopportabili all’opinione pubblica dello Stato ebraico. Nella consapevolezza che l’establishment israeliano non reggerebbe un secondo trauma dopo quello libanese.

Il piano è tutt’altro che stupido. La tentazione di reagire con la forza non può che accrescersi di fronte alle provocazioni e ai lutti. Spero con tutto il cuore che Olmert e la Livni mantengano la posizione assunta subito dopo l’attentato di giovedì, confermando che le trattative di pace con l’Anp andranno avanti. Ma sarà possibile condurle a buon fine senza coinvolgere la componente pragmatica di Hamas, a sua volta ricattata dai professionisti del terrore?
Di certo la soluzione peggiore sarebbe una nuova invasione di Gaza. C’è solo da sperare, e tremare.

P.S. Ho letto “Estraneità”, il bel racconto di Muin Masri pubblicato da Laterza nel volume collettivo “Amori bicolori”. E’ triste e allegro insieme, proprio come i messaggi che sa scriverci Muin. Al quale faccio i complimenti, da matrimonio misto a matrimonio misto: restano comunque esperienze meravigliose, come i figli che ne vengono generati. Viva noi bastardi!

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