In difesa del reddito di Grillo

venerdì, 2 maggio 2008

grillo.jpgChe Beppe Grillo guadagni più di 4 milioni all’anno, e che i suoi redditi siano raddoppiati da quando ha costruito la rete politico-promozionale del blog, non c’era bisogno del sito dell’Agenzia delle entrate per saperlo. L’aveva pubblicato una settimana fa “Panorama”, e io stesso all’Infedele l’avevo citato. Precisando che non c’è proprio niente di male, visto che sono soldi guadagnati lecitamente offrendo un servizio unico nel suo genere. Quando Gasparri ha fatto il moralista sulla ricchezza di Grillo che si fa pagare per gli spettacoli-comizi, gli ho chiesto: ma se io e lei affittiamo un Palasport e cerchiamo di vendere biglietti da trenta euro per sentirci blaterare, crede che li riempiremmo ottanta volte all’anno? La risposta è no, dunque complimenti a Grillo. Le proteste dei suoi seguaci grillini sono patetiche: davvero credevate in lui come paladino dei poveri? Ma se il suo blog mette in vendita di tutto (anche sul mio potete comprare il vino, sia ben chiaro)!
Ci sono molti argomenti di Grillo che condivido (anche se lui è un maestro nel mandarli in vacca, deprimerne il significato) e per me non sono meno convincenti sol perchè vengono da un professionista ad alto reddito. Poi ci sono le sfuriate xenofobe e i falsi moralismi che condannerei anche se Grillo donasse tutti i suoi soldi in beneficienza.
Tutto ciò premesso, mi fa ridere che Grillo protesti contro il mai abbastanza rimpianto Vincenzo Visco usando l’argomento: pubblicare i redditi degli italiani favorisce la mafia. Ma va là che non ci credi neanche tu a una baggianata simile… La mafia ha ben altri strumenti per arricchirsi e selezionare le sue vittime. Tu vuoi solo cavalcare il malumore tuo personale e della maggioranza degli italiani, convinti che il reddito personale sia un dato sensibile da tenere custodito come il più recondito dei segreti. Negli Stati Uniti è la cosa più normale del mondo chiedere a uno: che lavoro fai, quanto guadagni? E anche il sistema degli incentivi salariali per i dipendenti si fonda su parametri competitivi trasparenti, espliciti. Da noi è sussurro, ipocrisia, maldicenza reciproca. Oltre che, naturalmente, desiderio perenne di evadere l’obbligo di pagare le tasse.
Può darsi che la pubblicazione online di tutti i redditi fosse inopportuna, ma la loro pubblicità è un sacrosanto principio di convivenza. A proposito, nel 2005 (anno cui si riferisce l’Agenzia delle entrate) io se non ricordo male devo aver guadagnato tra i seicento e i settecentomila euro. Non l’ho trovato scritto sui giornali e quindi ve lo dico io. Più o meno come Belpietro e Feltri, metà di Mentana, un terzo di Ferrara, un sesto di Grillo…

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