Mucchetti: quanto è generosa l’Eni?

venerdì, 11 luglio 2008

mucchetti.jpgVi segnalo questo interessante articolo di Massimo Mucchetti, uscito sul “Corriere della Sera” di oggi. Ma ci pensate il can can se al posto di Tremonti ci fosse un ministro di sinistra?

Quando lo scopo è buono, e aiutare gli anziani bisognosi lo è al di là delle pur legittime perplessità sui costi burocratici della social card del governo di Silvio Berlusconi, acquisire le risorse necessarie è sempre meglio che rifiutarle. Ma una volta portato a casa il contributo, qualche osservazione sui finanziatori e sui modi del finanziamento sarà pure concessa.
L’Eni, per esempio, darà 200 milioni di euro: «volontariamente». Altrettanto potrebbe fare l’Enel. A decidere l’obolo saranno i consigli di amministrazione, ma Paolo Scaroni ne ha già dato pubblico annuncio. In quella sede, che è un board e non un comitato centrale, l’amministratore delegato spiegherà la convenienza del versamento, posto che la beneficenza non fa parte degli scopi sociali. Niente di male se ne facesse parte, beninteso: la beneficenza è stata per anni lo scopo sociale delle casse di risparmio; la redistribuzione alla comunità di parte dei profitti è una tradizione dell’India e un grande imprenditore come Ratan Tata la difende con orgoglio. Ma il conclamato scopo dell’Eni è creare valore per l’azionista. E in questo caso bisognerà dunque spiegare perché un azionista, il ministero dell’Economia, debba avere un extradividendo che aumenta del 14 per cento, sia pure una tantum, la remunerazione della sua partecipazione. I consiglieri indipendenti, deputati a custodire l’interesse dell’intera compagine azionaria, vorranno sapere bene prima di approvare una delibera a favore di quella che, nel loro gergo, si definisce parte correlata in conflitto d’interessi, non foss’altro perché nomina la maggioranza del consiglio e il top management.
La classe vorrebbe che i consiglieri nominati dal governo si astenessero. La corporate governance si accontenta di meno. Basterà parlar chiaro. Ma il parlar chiaro non è tanto facile. Scaroni non potrà mettere a verbale: «Me l’ha chiesto il ministro perché abbiamo guadagnato troppo e la Robin Tax renderà all’Erario meno delle attese».
Se così facesse, creerebbe due imbarazzi: ridimensionerebbe la portata di un provvedimento fiscale sul quale il governo azionista costruisce il suo buon nome e dovrebbe poi spiegare in base a quali convincenti criteri lo stesso governo reputa che l’Eni o altre imprese abbiano guadagnato troppo e in base a quali altri equi criteri definisca il quantum da restituire alla comunità.
Si potrebbe pensare che, se il ritorno sul capitale supera una certa percentuale, l’impresa esce dai territori del merito ed entra in quelli della fortuna o del monopolio. E si potrebbe concludere che l’aliquota Ires potrebbe essere allora aumentata estendendo alle società la progressività dell’imposta prevista per le persone fisiche.
Si potrebbe argomentare che una simile riforma deprimerebbe la propensione a creare ricchezza ovvero che, per evitare il salasso, le società sarebbero portate ad aumentare i mezzi propri diminuendo così proporzionalmente il ritorno formale e aumentando, di contro, la propria solidità.
Si potrebbero sostenere molte cose. Ma in questo momento Scaroni non dispone di queste informazioni e dunque nessuno può dire nulla.
Potrebbe allora il proponente giustificare i 200 milioni con qualche vantaggio che il governo potrebbe offrire, per esempio sulle imposte relative ai giacimenti nazionali? La cosa è dubbia.
Se, per ipotesi, ci fosse un do ut des,
verrebbe meno il bel gesto. L’esborso potrà dunque essere presentato solo come un atto di liberalità che testimonia la responsabilità sociale dell’impresa e aiuta l’Eni a migliorare la propria immagine.
Ma l’immagine, valore tipicamente immateriale, è quanto di più opinabile esista e tutti possono aver ragione.
Qualcuno potrebbe osservare che questa iniziativa di beneficenza va a carico dei soli azionisti di minoranza. Ma come potrebbe insistere nella sua critica questo qualcuno se il top management e il board dessero per primi l’esempio integrando i 200 milioni con una percentuale delle proprie compensations?

Massimo Mucchetti

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