Tronchetti e i “suoi” giornali

mercoledì, 30 luglio 2008

tronchetti-marco-giornale.pngQuesto articolo e’ uscito su “Vanity fair”.

Accipicchia se servono, i giornali, in Italia! Paolo Mieli ha mobilitato le firme piu’ autorevoli del “Corriere della Sera” per celebrare la riabilitazione del suo azionista Marco Tronchetti Provera che non compare fra gli indagati per lo spionaggio illegale dispiegato in Telecom e Pirelli sotto la sua presidenza.
“Il Sole 24 Ore” lo ha presentato addirittura come vittima della politica, con un articolo maliziosamente affidato a Franco Debenedetti, fratello dell’editore di “Repubblica”. Cioe’ il quotidiano che nel frattempo rilanciava il messaggio cifrato di Giuliano Tavaroli: non ci sto a fare il caprio espiatorio, ho agito in nome e per conto dei vertici aziendali.
Suppongo che l’ex responsabile della security Telecom sia oggi un uomo spaventato. Gia’ troppe volte nel nostro paese i protagonisti di scandali che lambivano i vertici del potere, hanno fatto una brutta fine. Ma non e’ di lui e dei suoi torbidi messaggi che voglio occuparmi. Trovo istruttivo, piuttosto, esaminare i parametri variabili su cui si regge l’autodifesa di un establishment abilissimo (spudorato?) nel mascherare i suoi fallimenti, contando su una regola infallibile: e’ sempre il potere a determinare la reputazione, mai viceversa.
Al “Corriere della Sera”, in questo caso, basta e avanza che il pubblico ministero lasci Tronchetti Provera fuori dal registro degli indagati per riabilitarlo come imprenditore esemplare. Ma state tranquilli che non trattera’ con minore riguardo l’altro suo azionista, Cesare Geronzi, piu’ volte condannato e rinviato a giudizio senza che cio’ gli impedisca di accrescere il suo ruolo cruciale in Mediobanca.
Questo non e’ garantismo, ma servilismo. Ai giornali non si richiede di anticipare le sentenze ma di valutare come i manager agiscano a tutela della trasparenza e della legalita’, se la concorrenza sia esercitata correttamente, se gli azionisti e i consumatori abbiano tratto danno o vantaggio dalla loro gestione.
Purtroppo vediamo invece giornali che si preoccupano dell’impunita’ dei loro azionisti, pure quando essi distruggono valore e manifestano come minimo ingenuita’, se non spregiudicatezza, nella gestione aziendale. Si accredita la favola di un Tronchetti Provera costretto a lasciare Telecom perche’ aggredito dalla politica. Come se non fosse emersa come minimo la sua negligenza, se non la sua spregiudicatezza, nel tollerare che dentro Telecom allignasse una rete che ha spiato illegalmente migliaia di dipendenti, parlamentari, giornalisti, imprenditori.
L’unica attenuante e’ che in Italia, per connivenza o malinteso senso di responsabilita’, e’ invalsa la pratica dell’autoprotezione collusiva tra figure-chiave dell’establishment. Se oggi Tronchetti Provera si ricandida a un ruolo di protagonista dell’economia nazionale, cio’ si deve alla decisione assunta nel 2007 da Intesa Sanpaolo, Generali e Mediobanca di rilevarne a prezzo sopravvalutato le azioni Telecom, insieme agli spagnoli di Telefonica. Lasciar fallire un esponente del “salotto buono” e’ considerato inopportuno, rischioso. E se domani dovesse capitare a me?

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