L’Alitalia e l’autarchia

giovedì, 7 agosto 2008

alitalia.jpgQuesto articolo è uscito su “Vanity fair”.
Se va avanti cosi’, mi sa che noi “frequent flyers” della tratta aerea Milano-Roma, considerata una delle piu’ redditizie del mondo, ci abitueremo a prendere il treno.
Lasciate che entri in funzione, a breve, l’alta velocita’ per Bologna. Non illudetevi che il quasi monopolio Alitalia possa permettersi in futuro di abbassare le tariffe vigenti, oscenamente care. Mescolate il tutto con il caro petrolio e aggiungetevi quel pizzico di leghismo varesotto per cui (ma cio’ e’ fortunatamente improbabile) magari chiederanno ai milanesi di partire da Malpensa invece che dalla comoda Linate…
Ecco perche’ io mi sono fatto una bella risata e ho trovato azzeccatissima la pubblicita’ Ryanair con l’Umberto Bossi a dito insu’, dopo aver fregato gli italiani: con piu’ tasse per mantenere Alitalia (prestito ponte), servizi peggiori dei concorrenti (aerei vecchi, una business class imbarazzante rispetto agli standard), e biglietti piu’ cari del dovuto.
Ho letto che il sottosegretario alle Infrastrutture, il bergamasco Roberto Castelli, s’e’ molto arrabbiato con Ryanair, colpevole di sfottere il suo leader. E ha addirittuta minacciato di sospendere le licenze italiane alla compagnia “low cost”. Provi a fare un salto a Orio al Serio, l’aeroporto della sua citta’, e chieda cosa ne pensano della sua trovata di cacciare l’odiato straniero. Per mettersi poi magari tutti in fila nell’ingorgo senza fine verso Malpensa e versare l’obolo alla patria, tricolore o padana che sia.
Il tempo ci dira’ quanto fosse lungimirante la tesi secondo cui l’Italia non puo’ fare a meno di una compagnia di bandiera, a costo di sobbarcarsi una spesa pubblica aggiuntiva pur di tenerla in vita. E a costo di sacrificare il posto di lavoro di cinquemila dipendenti Alitalia, piu’ del doppio di quelli che voleva allontanare Air France col suo piano d’acquisto e rilancio.
Io resto dell’idea che dietro alla retorica patriottarda della compagnia di bandiera si celi una visione mediocre del nostro futuro. La rassegnazione a immaginarci paese attrattivo nel turismo (che infatti va male) e poco piu’. Mi ha fatto impressione leggere il colloquio fra Eugenio Scalfari e Corrado Passera, l’amministratore delegato di Banca Intesa Sanpaolo che ha ricevuto l’incarico governativo per una soluzione Alitalia. Entrambi paiono rassegnarsi a una compagnia aerea poco piu’ che locale. Ma e’ al momento del commiato che Scalfari, perplesso, ricorda a Passera: “La soluzione Air France sarebbe stata preferibile”. E Passera se la cava rispondendo che lui e’ stato chiamato in causa solo dopo il fallimento di quella trattativa. Ma come? Passera fu tra coloro che fecero fuoco e fiamme contro la “svendita” ai francesi, lasciando intendere che vi sarebbe stata un’alternativa decisamente piu’ vantaggiosa.
Vantaggiosa per chi, a parte i politici che cavalcarono l’Alitalia agli italiani? Questo e’ il punto.
Nella cordata degli imprenditori disposti a rischiare soldi per l’italianita’ di Alitalia si trovano vari concessionari di licenze pubbliche (Benetton, Gavio) o aspiranti tali (Ligresti per l’Expo 2015). Gente cioe’ che piu’ che far soldi con gli aerei vuol fare un favore al governo, sperando che gli sia ricambiato. Come? Garantendogli l’usufrutto di un altro settore protetto del mercato domestico.
Ecco cosa vedo dietro l’Alitalia che resta tricolore, a scapito del contribuente e del consumatore, tenendosi il quasi monopolio delle tratte nazionali. Ci vedo l’illusione che il declino economico possa essere frenato con una riedizione dell’autarchia: cioe’ alcuni campioni nazionali (Eni, Mediaset, Telecom, Benetton) forti in casa e deboli in trasferta, protetti dal governo e sostenuti dalla banca amica.
Spero di sbagliarmi, ma temo che ci converra’ prendere il treno.

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