Barack, Sarah e la politica divina

mercoledì, 3 settembre 2008

Questo articolo è uscito su “Vanity fair”.
La competizione, quando è reale, esalta e migliora chi osa cimentarvisi. Guardiamo con invidia al sistema politico americano perché ha un meccanismo di selezione dei suoi leader duro ma aperto davvero a tutti. Il potere è contendibile, chiunque può provarci, e se vale costringe pure gli avversari a rinnovarsi.
In Italia figure come Barack Obama (46 anni) e la nuova candidata vicepresidente dei repubblicani, Sarah Pelin (44 anni), difficilmente sarebbero diventati senatore e governatore di una regione. Figuriamoci se avrebbero potuto aspirare ai posti di numero uno e due della nazione. I loro coetanei italiani, se vogliono fare carriera politica, devono restarsene acquattati. Il motto dei vari Fini, delle Finocchiaro, dei Formigoni, degli eterni giovani alla Enrico Letta è: “Non devo bruciarmi”. Perciò invecchiano nelle retrovie.
Neanch’io pensavo che Barack Obama potesse sconfiggere alle primarie il blocco d’apparato tenuto insieme da Hillary Clinton e suo marito. Invece la cavalcata solitaria di Obama ha indotto perfino i repubblicani a scegliere un candidato presidente come Mc Cain, in discontinuità con la Washington dei Bush. E quest’ultimo, per fronteggiare il fascino di Obama, ha accentuato la sua propensione di outsider fino a correre l’avventura del nuovo femminismo religioso di destra, con la governatrice dell’Alaska. Evviva, i contendenti si sono migliorati a vicenda, dando entrambi un potente contributo al rinnovamento del vertice statunitense.
In questa corsa appassionante, tutta fuori dall’establishment, vedo un’altra novità positiva: la religione non sta più da una parte sola, cioè a destra. Obama chiude il discorso di Denver invocando la benedizione divina sui suoi sostenitori e sugli Stati Uniti d’America, ma è in nome della sua fede che promette di tutelare la dolorosa possibilità di scegliere l’aborto e un diritto pubblico per le coppie omosessuali. Non dissimula quanto sia importante l’ispirazione religiosa nel suo impegno pubblico, non resta prigioniero della anacronistica nozione di laicità che va per la maggiore tra i liberal. Sfida la destra religiosa a confrontarsi sui valori, contestandogliene il monopolio. Su povertà, violenza, educazione, protezione ambientale, difesa della vita, verrà allo scoperto il bluff dei paladini della tradizione. Sbaglierò, ma ho l’impressione che l’universo culturale di Sarah Pelin, antiabortista, armaiola, favorevole alla trivellazione dell’Alaska, sia sovrarappresentato dai mass media. E potrebbe trascinare il conservatorismo laico di John Mc Cain su un terreno sdrucciolevole.
Tessuto un elogio “invidioso” della democrazia americana, a due mesi dal voto presidenziale è però necessario interpretare la fotografia delle candidature come un’alternativa secca per fare fronte al medesimo problema: il ridimensionamento accelerato dell’influenza degli Usa nel mondo. Obama con l’esperto Biden, Mc Cain con l’incognita Pelin, dovranno gestire un ridimensionamento doloroso della potenza americana. Perfino l’irrompere dell’uragano Gustav, due anni dopo la catastrofe inflitta da Katrina a una New Orleans sguarnita di protezione civile a causa della guerra in Iraq, evoca la data simbolica di un declino che si trasformava in rotta.
Consapevole di dover fronteggiare una resistenza, se non una ritirata planetaria, John Mc Cain impersona la politica della forza dissuasiva come carta principale degli Usa, unitamente al tentativo di autosufficienza energetica (ecco l’Alaska che torna).
Viceversa Obama sogna un atterraggio morbido, l’America che cede spazio a nuovi amici per imprigionare in una ragnatela diplomatica (Biden) i suoi potenziali aggressori. Più confuso in politica interna, anche lui asseconda il miraggio dell’autosufficienza facendo sue le idee protezionistiche dei sindacati.
La nuova guerra fredda con Mosca e la costante minaccia di Al Qaeda giocano a favore di Mc Cain, equiparato a uomo-forte e ringiovanito dalla sua nordica virago. Ma l’incognita ancora una volta potrebbe venire dalla massa dei giovani e degli astensionisti abituali, perchè Barack Obama gli ha già fatto venire la curiosità di provarci, almeno una volta.

I commenti sono chiusi.

I commenti di questo blog sono sotto monitoraggio delle Autorità. Ti preghiamo di mantenere i toni della discussione entro i limiti di buona educazione e netiquette in essere come regole del blog. Inoltre usa con moderazione i seguenti comandi di formattazione testo.