Berlusconi, Kakà e il tempo della crisi

sabato, 17 gennaio 2009

Mi spiace (non troppo) per i tifosi milanisti che esplodono petardi di fronte alla sede di via Turati e stasera probabilmente esibiranno la loro frustrazione allo stadio di San Siro. Ma il loro presidente, Silvio Berlusconi, non è mica un miliardario romantico, irresponsabile e un po’ utopista, come il nostro Massimo Moratti. Berlusconi è un uomo che fiuta gli affari prima e meglio di uno dei nostri segugi cacciatori della Valle Cerrina: e stavolta vendere Kakà allo sceicco del Manchester City per più di 100 milioni rappresenta dal so punto di vista un doppio affare. Prima di tutto, incassa quel denaro sonante che mai i futuro gli verrebbe offerto di nuovo, visti i tempi grami. E poco importa se lo reimpiegherà per rifornire il Milan di difensori giovani, come gli raccomanda con ingenua mediocrità il riformista rossonero Enrico Letta. Perchè il secondo affare berlusconiano è costituito dall’abile riposizionamento che il Cavaliere intraprende nella crisi vissuta dal Paese. A modo suo, la smette di fare il “negazionista” (copyright Gianni Mura) e pur continuando a esibire la maschera del sorriso, ci comunica calcisticamente che è venuto il momento di fare i conti con la realtà.
Al posto delle prediche irritanti e offensive -consumate! spendete! siate otimisti!- una bella tirata alla cinghia di Galliani e Ancelotti. Così Berlusconi comincia a attrezzarsi nella comunicazione per la bufera che sta arrivando. Fingerà di piangere per il gioiello calcistico cui deve rinunciare, sostituito con la pataccona fasulla di Beckham. E intanto si consolerà con quel gonfiore in più nel portafoglio. Complimenti. E sempre viva l’Inter!

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