L’insperata, benvenuta vittoria di misura conseguita da Tzipi Livni su Beniamin Netanyhau nelle elezioni israeliane, tiene aperto uno spiraglio di soluzione pacifica al conflitto con i palestinesi. Sarebbe prezioso, per l’America di Obama, contare su un primo ministro israeliano più vicino alla sua politica di disgelo nelle relazioni col mondo islamico. Dunque quel seggio in più ottenuto da Kadima sul Likud smentisce felicemente lo stereotipo di una Israele compattamente guerrafondaia e rinunciataria al dialogo con i palestinesi. Meno male.
Detto ciò, è facile intuire che i consensi “in più” recuperati all’ultimo da Kadima provengono da elettori di sinistra che hanno deciso di dare un “voto utile” per fare diga contro il Likud. Difatti al successo di Kadima corrisponde il crollo senza precedenti del partito laburista guidato da Ehud Barak. I suoi sforzi di rilanciare il Labour grazie alle proprie virtù militari, ponendosi a capo del “partito della sicurezza”, si sono rivelati inutili, controproducenti. Ne traggo una lezione valida anche per l’Italia. La sinistra non vincerà mai cavalcando i temi della destra. Peggio, legittimerà gli estremisti nella loro strumentalizzazione delle paure e dei disagi: oggi l’ago della bilancia degli equilibri governativi israeliani si chiama Avigdor Lieberman, lo xenofobo che vorrebbe imporre il giuramento di lealtà ai concittadini arabi, e non è certo una buona notizia per nessuno.
Israele: con la guerra vince la destra
mercoledì, 11 febbraio 2009
Si parla di: Avigdor Lieberman, Beniamin Netanyahu, Ehud Barak, Israele, Kadima, Labour, Likud, Tzipi Livni