Milano Expo’: il fiasco della Padania

giovedì, 19 febbraio 2009

Questo articolo è uscito su “Repubblica”.
Milano come Napoli: paralizzata da interessi famelici che neanche fingono più un’inesistente dignità politica, tanto la partita (miliardaria? speremm…) dell’Expo’ 2015 si gioca tutta nella sola metà destra del campo. Dopo la débacle di Malpensa e la nascita di una fragile compagnia aerea romanocentrica, l’idea nordista si avvia a sbattere in un nuovo fallimento. Non più solo il taciturno Tremonti, ma anche i leghisti e il saggio architetto Gregotti fanno balenare il dubbio: ha davvero senso investire 12 miliardi per un’Esposizione nel mezzo del cataclisma sociale provocato dalla recessione? Non sarà una favola la previsione di 29 milioni di visitatori e 70 mila posti di lavoro per un evento dai contorni indefiniti, col rischio di replicare la mangiatoia di Alitalia nutrendo gli immobiliaristi superstiti a spese del contribuente?
Gli undici mesi seguiti alla designazione di Milano come sede dell’Expo’ 2015 sono stati contraddistinti da una rissa invereconda. Il sindaco-commissario contro il ministro restio ad allargare i cordoni della borsa, e poi Assalombarda, l’Ente Fiera, la Regione, la Lega che gioca in proprio, il ministro milanese di An in perenne sodalizio con Ligresti. Tutti a contendersi i posti chiave in cui si decideranno le assegnazioni di denaro pubblico, quanto e a chi.
Lunedì sera, infine, esausti, i maggiorenti di questa Padania, da quindici anni regno incontrastato di Berlusconi, mestamente convenuti in Arcore, hanno rimesso nelle mani del sire l’ammissione della propria impotenza.
Monna Letizia Moratti recava su un vassoio la testa del fido manager Glisenti, già eliminato dai rivali furiosi del potere che essa tentò invano di confiscare. Sarà così evitata, o rinviata, l’onta del commissariamento romano che pure non dispiacerebbe, che strano, a Bossi, visto che il posto toccherebbe al suo viceministro Castelli. Più probabile che la nomina tocchi a un manager di stretta osservanza berlusconiana come Lucio Stanca, se non direttamente al “Gianni Letta” milanese Bruno Ermolli interdetto però dalla sfiducia di Tremonti. Un bel pasticcio.
Fa impressione constatare gli effetti di una degenerazione della politica a mera rappresentanza di potentati contrapposti, senza neppure fingere che gli interessi particolari assumano dignità di progetto. E ciò nella regione più ricca d’Italia, in teoria avvantaggiata dalla continuità di governo di un centrodestra che non conosce da tempo alternative credibili. Tale configurazione del potere ha incoraggiato i nomi di spicco dell’imprenditoria lombarda a un’economia di relazione che aggira il rischio dell’innovazione, puntando sugli stanziamenti romani e sulle deroghe alla normativa antitrust. Hanno investito (poco) in Cai con il pensiero fisso all’Expo’, tutti in cerca di un posto a tavola. Ma ci sarà da mangiare per loro? Adesso cominciano a temere che Tremonti li terrà a stecchetto. Lui non nasconde più il suo scetticismo sull’utilità dell’evento. Gli fa da portavoce l’ex sindaco Albertini che parla di “inevitabile ridimensionamento”.
La tabella di marcia che prevedeva per il giugno 2008 l’apertura dei primi cantieri e per il mese scorso il varo dei concorsi sul sito espositivo, resta così inchiodata al punto di partenza. La Società di Gestione ha in cassa meno quattrini di quelli che Gianmarco Moratti stanziò nel 2006 per la campagna elettorale della moglie (6 milioni e 335 mila euro). E’ anzi possibile che nei prossimi giorni si proceda all’azzeramento dei suoi consiglieri, nel tentativo di ricominciare tutto da capo.
Il fallimento della politica non poteva essere più plateale, a Milano. Ma ciò non le impedirà di posizionare le sue pedine nei posti-chiave da cui si gestisce il futuro dell’economia. Berlusconi, ad esempio, ha già designato il fido senatore ex socialista Gianpiero Cantoni alla presidenza della Fiera, oggi gestita dal cattolico Luigi Roth. Il che dispiacerà a un Formigoni in sempiterna ricerca di spazio, mentre la sua carica di presidente della Regione entra nelle mire della Lega. Singolare la dichiarazione da lui rilasciata dopo il vertice di Arcore: “Abbiamo fatto il pieno di benzina, ora dobbiamo aggiustare il motore”. Un po’ come dire che i soldi ci sono, stiamo solo litigando su chi li spenderà. Una fotografia spietata della questione settentrionale, così come essa si presenta vent’anni dopo la sua proclamazione. I risultati, da Malpensa all’Expo’, sono sotto gli occhi di tutti.
Gli storici ci spiegheranno come mai il prolungato governo di centrodestra nel profondo Nord abbia dato esiti opposti al federalismo e a un’economia di mercato. Descriveranno la parabola del distacco di Berlusconi da una Milano che ha dominato senza mai governarla davvero, perché è a Roma che ha trovato le leve del suo potere sia aziendale sia politico.
Nel frattempo il pasticcio milanese somiglia sempre di più al pasticcio napoletano. I cittadini brontolano per le buche sulle strade e i cantieri dei parcheggi fermi a tempo indeterminato: altro che Expo’! Ma ci hanno fatto il callo e non si scandalizzano neppure più. Tanto non s’intravede alternativa a questa classe dirigente forte solo della mescolanza tra politica e affari.

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