Auguri Dario, non basterà un bel discorso

domenica, 22 febbraio 2009

Ancora una volta “le abbiamo prese ma gliele abbiamo dette”, ieri al’Assemblea Costituente del Pd. La conferma che non sono personalmente tagliato per la politica è tutta lì nei complimenti (esagerati) per il mio intervento -giunti perfino da D’Alema- mentre l’esito politico risultava opposto a quello che auspicavo. Niente primarie, continuità su proposta del gruppo dirigente che ci sta portando di sconfitta in sconfitta con la scusa della (falsa) compattezza e di un illusorio senso di responsabilità. Ha partecipato meno della metà dei delegati, in prevalenza com’è ovvio quelli per cui la politica è anche un mestiere. Hanno voluto fingere -di nuovo- che la prossima sarà la volta buona e comunque che la linea calata da Finocchiaro, Fassino, Marini, Realacci, Errani fosse quella da seguire come sempre. Nel frattempo Pierluigi Bersani si aggirava sornione per la platea spiegando che lui è all’antica, preferisce farsi eleggere segretario del Pd da un congresso. Un temporeggiatore (salvo riconoscere col senno di poi di avere fatto una “grossa cavolata” non candidandosi alle primarie contro Veltroni) poco gentile nei confronti di Franceschini, cui sembra dire: “Vai avanti tu che mi viene da ridere. Poi a ottobre, dopo le prossime sconfitte, ti chiederò di farti da parte”.
Per questo ho parlato di inerzia che spinge il corpo intermedio del Pd verso un baratro. Col rischio di privare questo paese di un’opposizione reale alla destra dominante, e di incoraggiarla nella deriva populista che la crisi economica esaspererà fino all’invocazione dell'”uomo forte”.
Dario Franceschini è un’ottima persona, gli faccio auguri sinceri, ha tenuto un bel discorso che tendeva a distaccarsi dalla vicenda sbagliata di cui lui stesso si ritrova espressione. Soprattutto ho avuto modo di rivolgergli in tempi non sospetti parole di stima per come cui ha saputo difendere la sua autonomia di “cattolico adulto” dalle pressioni clericali, sia nella vicenda del “Family day” che di recente dicendo “no” al disegno di legge governativo sul testamento biologico. Non l’ho votato e considero sbagliata la scelta di sottrarsi alla sovranità dei cittadini elettori. Temo che la pagheremo cara. Le primarie sarebbero state l’unica forma di congresso vero che questo Pd, nello stato in cui si trova, avrebbe potuto realizzare. Votando non solo sulle persone candidate, ma anche per sciogliere finalmente quei nodi politici su cui i dirigenti hanno avuto paura di decidere. Le primarie avrebbero dato al partito uno scatto di vitalità e sarebbero state perfino un ottimo strumento di comunicazione nelle prossime campagne elettorali. Franceschini, il volto decente dell’apparato, potrà forse sorprenderci umanamente, ma non politicamente.

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