L’andirivieni: un sistema che non sa rinnovarsi

martedì, 31 marzo 2009

Succede da quindici anni ai vertici della politica, perchè dovremmo stupirci che accada pure nei giornali? La ri-nomina di Ferruccio de Bortoli al posto del già ri-nominato Paolo Mieli come direttore del “Corriere della Sera” evidenzia la strozzatura da cui è afflitta la società italiana, e in particolare il suo establishment di “soliti noti”. Esito a scriverne perchè, vi sarà chiaro, sto parlando di persone cui sono contiguo e per le quali nutro amicizia. Ma sono abbastanza vecchio e fuori dal giro per rilevare pacatamente che non è vero mancassero alternative di rinnovamento. Se i diciassette o quanti diavolo sono azionisti del patto Rcs hanno intavolato una trattativa divenuta inevitabilmente semipubblica -sono in troppi!- e dunque ha sfiorato maldestramente i settori politici interessati a mostrarsi partecipi (Tremonti, ma anche qualche improvvido giapponese portabandiera di Prodi) e quelli interessati a fare i pesci in barile, ciò dipende solo dal fatto che il giornale serve loro ad altro piuttosto che a vendere informazione realizzando buoni profitti. La modernizzazione del prodotto giornalistico, il salto generazionale, la selezione di persone adatte a fronteggiare la crisi dell’editoria con la necessaria fantasia, sono requisiti del tutto secondari per chi cerca una professionalità affidabile, e dunque finisce per concordare un’unanimità solo sull'”usato sicuro”. Quanto alla correlata nomina di Gianni Riotta direttore del “Sole 24 Ore” -perchè? ma perchè la politica esigeva sloggiasse dal Tg1- sarà interessante udire una spiegazione dalla Confindustria. Per la prima volta nella storia del giornale hanno scelto un direttore di formazione politico-culturale anzichè economica. E questo proprio nel momento della più acuta crisi economica mondiale. Intendono riformare il giornale? O proporci un modello di competenza diverso da quello propagandato finora?
Faccio i miei auguri a de Bortoli e Riotta, sperando di non averli indispettiti. Certo però che la lettura dei prossimi editoriali sulla necessità di un rinnovamento delle classi dirigenti, fondato sulla competizione e l’innovazione, provocherà inevitabili richiami ai pulpiti da cui proviene la predica.

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