Chi disonora Giacomo Brodolini?

martedì, 28 aprile 2009

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
La prima cosa che si notava entrando nella sede del Partito Socialista Italiano, proprio lì dove il custode di via del Corso a Roma ti chiedeva le generalità, era un manifesto con la scritta: “Da una parte sola. Dalla parte dei lavoratori”. Firmato, Giacomo Brodolini.
Quando lo scorso venerdì 25 aprile ho visto Renato Brunetta fingere scandalo e manifestare disprezzo nei confronti di Daria Bignardi all’”Era glaciale”, perché lei ne aveva storpiato il nome in “Brandolini” –ignorando chi fosse quel tale Brodolini- ho pensato che il ministro della Funzione Pubblica stesse facendo il furbo. Ma non tanto nei confronti della mia collega conduttrice televisiva, da liquidare con superiorità alla stregua di un’esponente della “sinistra gauche-caviar” (o della “sinistra vanity fair”, come qualcuno usa dire adesso). No, Brunetta, che è uno degli uomini più euforici del mondo grazie al successo popolare insperato di cui gode, in cuor suo sa benissimo che sta facendo il furbo proprio con lui: con Giacomo Brodolini.
Naturalmente, com’è vostro pieno diritto, anche voi ignorate chi sia Giacomo Brodolini, e a questo punto magari cominciate a essere un po’ stufi. Del resto sono sicuro che se il professor Brunetta avesse rivolto la medesima domanda, chessò, a Berlusconi, o ai delegati che lo osannavano nel congresso Pdl, mica quelli avrebbero saputo rispondergli. Né lui avrebbe cercato l’incidente su Brodolini, col suo boss e con i suoi fans.
Si dà infatti il caso che Giacomo Brodolini sia il padre dello Statuto dei Lavoratori, cioè di quella normativa fondamentale entrata in vigore nel 1970 garantendo in Italia diritti sindacali, equità retributiva e tutela dai licenziamenti indiscriminati, a vantaggio di tutti i lavoratori assunti nelle aziende con più di 15 dipendenti. Fu una conquista storica cui Brodolini diede un contributo importante, passando da vicesegretario della Cgil (di fianco a Giuseppe Di Vittorio) a ministro del Lavoro. Anche se morì un anno prima del 1970, quando la mia amica Daria era molto piccina. A proposito: ma Brunetta l’avrà letto il libro della Bignardi, lui che si lamentava in tv che la Bignardi non avesse letto con la dovuta attenzione il suo?
Veniamo al dunque. Se ci aggiungete che Brodolini fu protagonista anche dell’abolizione delle “gabbie salariali”, cioè della possibilità di pagare diversamente la stessa mansione nelle diverse regioni italiane, come oggi ripropone la Lega con cui governa Brunetta, ben si capisce come l’uomo si meritasse quella scritta impegnativa in via del Corso, nella casa dei socialisti: “Da una parte sola. Dalla parte dei lavoratori”.
Direste la medesima cosa di Brunetta, che pure non perde mai occasione di ricordarci le sue umili origini? E’ troppo sperare che il nome di Brodolini susciti in lui una minima resipiscenza quando Brunetta va all’attacco della Cgil? Non vale rispondere che la Cgil di quarant’anni fa era migliore della Cgil odierna (servirebbe la controprova impossibile: con chi sarebbe stato Brunetta, al tempo di Brodolini?). Riconosciamo pure che lo Statuto dei Lavoratori avrebbe bisogno di qualche aggiornamento, mentre fra i colleghi di Brunetta più d’uno lo vedrebbe bene smantellato. Ma è l’approccio giustizialista e sloganistico ai lavoratori e ai loro sindacati che, ne sono certo, Brodolini avrebbe criticato in Brunetta. Chiedendogli per favore di non mascherare i suoi atteggiamenti padronali (sì, li avrebbe chiamati proprio così, padronali, quel socialista all’antica) con riferimenti sentimentali agli ideali di gioventù che ha ripudiato.
P.S. Non ho (ancora) letto il libro di Brunetta. Sono un pure io un fannullone della tv.

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