La volta che mise in dubbio la mia moralità

martedì, 5 maggio 2009

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
La cautela con cui ne trattano tv e giornali solitamente sguaiati nel frugare le vicende private altrui, non denota solo che qui c’è di mezzo la vita del padrone d’Italia. Avverto in più un disagio reale, imbarazzo perché dietro quel divorzio tardivo tra un settantenne e una cinquantenne c’è qualcosa che ci riguarda tutti da vicino. Compiacersi nella diffamazione del Capo ci reca dritti alla diffamazione di noi stessi, abituati come siamo a rispecchiarci nel modello femminile dominante che lui ha plasmato; e che gli imponeva, per restarne all’altezza, di ostentare un’esuberanza sessuale peraltro improbabile alla sua età.
“Scusate se sono venuto senza le veline”, si sentiva ancora in dovere di scherzare alla Coldiretti la settimana scorsa, prima che la moglie gli facesse telefonare dall’avvocato. E per farsi riconoscere più forte degli attacchi di una “Signora manipolata dalla sinistra”, aveva promesso agli elettori di presentarsi a ogni comizio in compagnia di tre belle ragazze. Non gliene mancheranno di disponibili, ma dubito che abbia convenienza a esibirle.
Partecipano a frotte nella sua residenza romana a incontri conviviali che a un certo punto della notte si trasformano in “spettacolini” –è il racconto di una partecipante- prima della consegna finale di un gioiello omaggio cadauna. In fondo è la vecchia Italia delle case d’appuntamento solo un poco impanata nella modernità televisiva. Non a caso siamo il paese in cui gli scandali più ovvi si chiamano Vallettopoli, perché quello è l’unico modello femminile vincente proposto nella sua cultura di massa. Restando fanalino di coda europeo nel computo delle donne ammesse a far parte della classe dirigente, l’Italia tollera un’umiliazione pubblica delle sue professionalità femminili che altrove susciterebbe una rivolta.
Così parlando di lui parliamo di noi stessi. Descritto come il leader politico più amato del mondo, in particolare dalle donne, non si sarà accorto di quanto ridicolo e pericoloso sia stato rinfocolare nei palasport e nelle discoteche la fama di “tombeur de femmes”, tanto più riferita a femmine che potrebbero essere sue nipoti? Possibile che dobbiamo accontentarci del limite di legge –maggiorenni e consenzienti- infranta com’è da tempo la linea del pudore?
Oggi credo che lui, il sultano invincibile, stia provando dolore e perfino solitudine, nonostante i sondaggi che leniscono il malessere. Né l’innocenza né l’improntitudine ti proteggono da un giudizio etico pubblico. Ricordo come mi ferì, nove anni fa, la dichiarazione rilasciata dall’allora capo dell’opposizione dopo che il Tg1 aveva trasmesso –disattendendo mie precise indicazioni- un paio d’immagini sfocate di siti pedofili fornite alla Rai dagli inquirenti. Disse: “C’è da dubitare della moralità di chi dirige il servizio pubblico”. Non ho mai patito ingiustizia peggiore di quell’insinuazione. Né mai vorrei ricambiarla. Credo piuttosto che Berlusconi giunga a questo divorzio tra persone non più giovani per troppa brama di trasmetterci la sua personale, desueta idea di femminilità e di felicità. Vuole perderci nella sua stessa perdizione, ma intorno alla sua maschera attraente si cominciano a intuire troppe manifestazioni di dolore.

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