Camicie nere e camicie verdi

venerdì, 15 maggio 2009

E’ una psicosi, quasi una forma di sudditanza psicologica quella che spinge anche i commentatori più autorevoli a rendere omaggio alla Lega in quanto portavoce dei sentimenti popolari anti-immigrati. Mi impressiona che perfino Ilvo Diamanti -lo trovate su www.repubblica.it- parli di Bossi & c come se il suo partito detenesse la maggioranza assoluta nela penisola. Invece, guarda un po’, esulterà se il 6-7 giugno conseguirà una percentuale corrispondente più o meno a un terzo del Partito Democratico. Un po’ di senso delle proporzioni, per favore! E meno complessi d’inferiorità. L’Italia è più civile di quanto non la rappresentino giornali e tv.
A questo proposito vorrei segnalare un’altra banalità offuscata. Dai tempi delle camicie nere non si ricorda nessun altro movimento politico nazionale che imponesse ai suoi rappresentanti una divisa. Camicia, cravatta, o come minimo pochette nel taschino per denotare l’appartenenza che neppure più i sacerdoti esibiscono con altrettanta disciplina. Dario Franceschini l’ha notato alla Camera suscitando scalpore. Ma l’uso della divisa è in sè un programma, uno stile di vita, la premessa alla trasformazione della militanza in milizia.

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