Sono andato al Circolo Arci Corvetto, stamattina a Milano, per salutare un’ultima volta Ivan Della Mea. Per tutta la gioventù ho cantato le sue canzoni che sono ormai una parte incancellabile di me. Gliene sono grato, così come gli sono grato di averci riuniti nell’afa di quel salone spoglio, con le vecchie bandiere tricolori e rosse, che fossero dei partigiani o del sindacato, restituendoci il senso di una comunità viva al di là della sua inadeguatezza politica. Ho rivisto collezionisti di sconfitte che restano però innanzitutto persone belle, mosse da una visione del bene comune. Sensibili nel riconoscere dove stanno lo sfruttamento e l’ingiustizia, da controbattere con la rivolta e con la cultura.
Non avrebbe senso da parte mia elencare chi c’era, quanto piuttosto insistere sul valore duraturo di quella comunità della sinistra cui le canzoni di Ivan Della Mea hanno dato voce e memoria. Solo per un istante ha parlato Giovanna Marini, essendosi reciprocamente promessa con Ivan di evitare commemorazioni e canti l’una per l’altro. Ma quel solo istante mi ha commosso.