Ora la Chiesa dice basta al Cavaliere

sabato, 20 giugno 2009

Questo articolo e’ uscito su “Repubblica”.
Il tentativo di minimizzare come pettegolezzo privato i comportamenti del presidente del Consiglio nei confronti delle donne, non poteva essere giustificato più a lungo dalla Chiesa italiana. Che pure non gli è stata certo ostile.
La richiesta di chiarimento che ’”Avvenire” ha formulato ieri è importante perché indica finalmente i termini reali della questione: il superamento di un limite etico che neanche per convenienza si può fingere ancora di non vedere.
La questione etica si è posta quando –nonostante la censura televisiva- è apparso evidente a tutti come Berlusconi fosse andato oltre le vanterie e le scurrilità misogine, quelle che ama trasferire nei comizi politici direttamente dallo show televisivo. Quando cioè il paese ha dovuto fare i conti con un capo del governo che approfittava della ricchezza e del potere per costruirsi non dei flirt ma una sorta di dominio mercificato sull’universo femminile, di cui calpesta così la dignità.
Una spiegazione pubblica, chiede dunque “Avvenire”. Rappresentando un disagio cresciuto anche nei settori del cattolicesimo conservatore fino a ieri intenzionati a convivere serenamente con il libertinismo del premier. Lo teorizzava don Gianni Baget Bozzo, che giungeva a gratificare Berlusconi come artefice della restaurazione cattolica in Italia –l’uomo della Provvidenza, senza cui neppure Ratzinger avrebbe potuto assurgere al soglio pontificio- nella consapevolezza storica di una Chiesa che per secoli ha “tollerato” il libertinaggio dei potenti in cambio della delega sulle anime.
Con minore coerenza del defunto Baget Bozzo, altri prelati hanno per qualche settimana teorizzato il primato dei meriti politici sull’ingiudicabilità dei comportamenti privati, accusando di moralismo o addirittura di puritanesimo chi evidenziava la natura pubblica e l’importanza culturale della denuncia di Veronica Berlusconi.
Ma a tutto c’è un limite, anche alla realpolitik della Chiesa italiana, e i vescovi hanno ben capito che quel limite ormai è stato superato. La Cei stava rischiando di trovarsi spiazzata, da custode dei valori a retroguardia imbarazzata nella difesa dell’indifendibile. Mentre a Bruxelles si misuravano lo sconcerto e il disagio del Partito Popolare Europeo, nel cui establishment comunitario Berlusconi appare figura isolata. Anche perchè si riflette nel Ppe la voce di comunità cristiane, cattoliche e protestanti, abituate a considerare la coerenza tra predicazione evangelica e stile di vita come un requisito imprescindibile nella verifica dei propri rappresentanti.
La prima conseguenza è stata il naufragio della candidatura pur legittima di Mario Mauro, esponente Pdl di Comunione e Liberazione, alla presidenza del Parlamento di Strasburgo: seppure in Italia ci siamo abituati a vedere da sempre a braccetto il ciellino e il libertino, il clericale e lo spregiudicato, oltreconfine tale binomio desta tuttora scalpore.
L’“Avvenire” rivolge una pubblica richiesta di spiegazioni più convincenti di quelle autolesionistiche fornite finora. Ma è ben chiaro che si tratta di un esercizio retorico, non essendoci alcun bisogno di ulteriori spiegazioni né tanto meno di rivelazioni, come direbbe lui, “piccanti”. Agli occhi di chi vuol vedere bastano e avanzano le ostentazioni pubbliche con cui l’anziano uomo di potere fino a ieri riusciva a presentarsi come figura invidiabile e seducente; l’unico in grado di avere tutto ciò che gli altri desideravano, sottomettendo le donne con un sorriso. Ora sappiamo che quella fantasia maschile adolescenziale lui se l’era riprodotta in casa. O meglio in case private già trasformate impropriamente in sedi pubbliche dall’uomo cui è delegata la rappresentanza degli interessi nazionali.
La particolare natura di questo scandalo è stata ben sintetizzata dal “New York Times”: l’Italia vede rappresentata nel suo premier, fino a un parossismo indifendibile, la sottocultura volgare e maschilista che la penalizza nel confronto con tutti gli altri paesi occidentali. Nei quali sarebbe impensabile il fenomeno del velinismo per il semplice motivo che insieme alle donne dovrebbe ribellarsi compatta l’intera classe dirigente.
Ormai sono pieni di vergogna i silenzi di tanti notabili berlusconiani, mentre impressiona l’incapacità (o l’impossibilità) di esprimere alcun senso critico da parte delle donne da lui selezionate e “inventate” come rappresentanti del popolo.
La Chiesa invece non poteva abdicare del tutto alla sua missione, la quale comporta anche responsabilità di classe dirigente. Verrà forse anche il giorno in cui l’abuso delle norme “ad personam” e la commistione fra interessi pubblici e privati incorreranno in una valutazione etica meno disincantata da parte dei vescovi. Nell’attesa, è la caduta del seduttore nel ridicolo che ha imposto loro il richiamo alla serietà, nel timore che il degrado morale sfregi definitivamente gli stili di vita e il senso comune di questo paese.

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