Credo che le cose vadano più o meno così: il lunedì sera, alla cena di Arcore, il primo ministro confida i suoi dubbi e le sue difficoltà. L’amico Umberto Bossi registra in silenzio e poi ci costruisce la sua strategia: incalzare Berlusconi cavalcando in anticipo obiettivi politicamente dirompenti ma popolari.
E’ andata così anche sulla “exit strategy” dall’Afghanistan, tema delicatissimo perchè concerne le alleanze internazionali dell’Italia e riguarda direttamente gli interessi vitali di India, Cina e Iran. Cioè la pace o la guerra nel mondo.
Che la guerra afghana sia impossibile da vincere, è vero. Che sia necessario un compromesso con un settore dei talebani, è altrettanto vero. Ma questo modo di cavalcare l’opinione pubblica, esattamente come sulle ronde e gli sbarchi a Lampedusa, sembra fatto apposta per fare dell’Italia una variabile impazzita dell’Unione europea, coltivandone una suicida vocazione isolazionista. E nello stesso tempo lancia un messaggio inequivocabile: Berlusconi, sempre più debole, è condannato a inseguire Bossi sul suo terreno. Probabilmente i leghisti vedono avvicinarsi i tempi del dopo-Berlusconi e si posizionano con abilità, in attesa di passare all’incasso fin dalle regionali della primavera 2010.