Il femminismo che l’Italia si merita

mercoledì, 12 agosto 2009

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Ho sfogliato l’archivio di questa rubrica infedele, man mano che si ritrovava a commentare le varie sequenze di vallettopoli e puttanopoli. Così ho scoperto che risale a più di cinque anni fa il mio interrogativo: ma perché le donne italiane non insorgono a difesa della loro dignità?
Senza aspettare i racconti sull’harem del Capo d’Italia –ragazze convocate a decine per suo piacimento- già nel luglio 2007 il “Financial Times” definiva l’Italia come “il paese delle veline e delle donne nude”. Ci siamo talmente abituati che stentiamo a credere possa esistere una diversa forma di rispetto, all’estero, nei confronti della figura femminile.
Ricordo la filosofa femminista Luisa Muraro che gentilmente mi rispose: dovete essere voi uomini a darvi da fare.
Ricordo l’avvocato non femminista Annamaria Bernardini de Pace che dava la colpa alla mignottaggine delle ragazze ma poi assolveva tutti: “Non c’è niente di male a incontrare il lupo cattivo se gli fai due moine e lui ti porta a casa della nonna a cavallo di una Porsche”. Era ovvio che se la sarebbe presa con la signora Veronica Berlusconi. Mentre qualcuno, naturalmente, già dissemina accuse d’ingratitudine a Barbara Berlusconi per la bella intervista che ci ha rilasciato la settimana scorsa.
E’ vero, siamo avviluppati in una dinamica ripetitiva. Vi ho già raccontato delle profferte ricevute quand’ero potente in Rai e della riprovazione che mi toccò quando abolii una inguardabile rubrica notturna del Tg1 in cui venivano reclutate come lettrici le “belle” dei funzionari. Ma non risulta agli atti nessuna protesta delle lavoratrici dello spettacolo di Rai e Mediaset, additate in blocco come donne in vendita.
Di conseguenza, mie care lettrici, non mi stupisce affatto che la denuncia femminista nell’Italia 2009 debba affidarsi alla voce di Patrizia D’Addario, professione escort e celebrità conseguita raccontando una notte a Palazzo Grazioli.
Adesso, di colpo, i teorici del laissez faire, chiudere un occhio, è il mestiere più antico del mondo, non m’impiccio di fatti privati, non mi abbasso a quel livello, lo fanno tutti, è la scoperta dell’acqua calda, sono diventati tutti moralisti. Ma come osa la D’Addario? Si fa pagare 35 mila euro da una tv turca? E quanti soldi da Antena tres in Spagna? E che vergogna la serata in discoteca a Parigi…
Intervistata dal “Financial Times” -sì, il prestigioso quotidiano economico londinese che già due estati fa definiva l’Italia “il paese delle veline e delle donne nude”- Patrizia D’Addario ha fatto una diagnosi molto credibile del grado di pervasività raggiunto dalla prostituzione nella nostra vita pubblica. Io la inviterei di corsa per parlarne all’Infedele televisivo, che riprende lunedì 28 settembre su La7, anche se il mio budget non prevede il pagamento di gettoni di presenza.
Direi, in sintesi, che Patrizia D’Addario è la femminista che l’Italia si merita, dopo anni e anni di occhi bendati. A chi mi obiettasse che la signora barese non è degna della nostra fiducia perché agiva per interesse –offriva (e tuttora, a suo modo offre) il suo corpo per una licenza edilizia- rispondo che questo è solo un trucco per ignorare la forza dei suoi argomenti. C’è forse qualcuno, nel corso di quello scambio con uomini di potere, che abbia agito per amore?

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