Ma serviva proprio una Margherita?

martedì, 18 agosto 2009

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Sarà un giorno lieto per la nostra democrazia quello in cui la famiglia Agnelli pagherà allo Stato ciò che gli deve per il patrimonio custodito all’estero nei paradisi fiscali. La slealtà contributiva praticata da protagonisti così eminenti del nostro capitalismo, infatti, fornisce un esempio deteriore; danneggia l’economia di un paese come l’Italia che tanto ha dato agli Agnelli; legittima milioni di piccoli evasori nel considerare aggirabile il dovere della pubblica contribuzione.
Dunque complimenti all’Agenzia delle Entrate che ha avviato la sua indagine su circa un miliardo di euro detenuti a quanto pare in Svizzera, senza essere registrati a bilancio, sulla base di circostanze contenute nella denuncia di Margherita Agnelli: i più fedeli lettori di “Vanity Fair” ricorderanno che la figlia dell’Avvocato presentò su questo giornale le sue rimostranze, ben prima di adire a vie legali.
I complimenti saranno estesi al governo quando indagini dello stesso tipo verranno intraprese sulle disponibilità occultate all’estero di tutte le altre grandi famiglie del capitalismo italiano, non importa di quale colore politico o ramo d’attività, compresa possibilmente la famiglia che presiede il governo stesso.
Perché altrimenti dovremo sospettare che gli Agnelli siano stati presi a bersaglio solo per una azione dimostrativa isolata, il che non sarebbe giusto.
Lascia perplessi, inoltre, che per disporre l’azione risarcitoria su questo grande patrimonio nascosto all’estero, lo Stato italiano abbia dovuto aspettare la controversia processuale tra Margherita e i curatori testamentari di suo padre Giovanni Agnelli. Dovrebbe essere risaputo che se non tutte, quasi tutte le famiglie dell’industria, della finanza, della grande distribuzione, del petrolio, dell’immobiliare, della sanità privata eccetera, detengono tesoretti illegali all’estero, costituiti in base a tre ragionamenti:
1) L’Italia non si sa mai come vada a finire, meglio tenersi una riserva di sicurezza fuori dai confini.
2) Per la contabilità occulta (pagamenti in nero, tangenti, regali lussuosi per se stessi o magari un’amica segreta) meglio avere un conto cifrato alla larga da sguardi indiscreti.
3) Altrimenti dove li metti i guadagni non dichiarati, se vuoi risparmiare almeno una parte dei pagamenti fiscali?
Spero dunque che l’azione per riottenere dagli Agnelli le somme importanti che hanno evaso, non resti isolata. Ci sarebbe l’esempio americano da seguire: il governo degli Stati Uniti ha minacciato di arrestare i banchieri della Ubs svizzera in transito sul suo territorio, se finalmente l’istituto di Zurigo non gli avesse comunicato la lista di centomila clienti Usa detentori di grandi patrimoni all’estero, e dunque sospetti di evasione. La lealtà fiscale deve prevalere sul segreto bancario.
Ministro Tremonti, non avremmo pure noi qualche richiesta da avanzare a Lugano, Ginevra, Zurigo? Per muoverci, dobbiamo per forza aspettare la prossima Margherita Agnelli?
So bene che è un’illusione quella di fermare il flusso di denaro alle frontiere. E in prospettiva anche un danno all’economia. Ma l’indecenza dell’evasione fiscale per l’Italia è un danno ancora maggiore. Speriamo dunque che l’Agenzia delle Entrate faccia sul serio.
So altrettanto bene che sotto gli ombrelloni di ferragosto si discuteva più volentieri se Margherita Agnelli abbia fatto bene o male a mettersi contro la madre e tre dei suoi otto figli, invece di limitarsi a prendersela con la memoria del padre-patriarca artefice di un’eredità in stile monarchico. Ma non vi sembrerebbe più importante discutere se le tasse siano o no da pagare?

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