Mi dispiace sinceramente che, per tirare un siluro a Dino Boffo, e non certo a titolo personale, il direttore de “L’Osservatore Romano”, Gian Maria Vian si sia avventurato con grossolanità su un terreno delicato.
“Non si è forse rivelato imprudente ed esagerato paragonare il naufragio degli eritrei alla Shoah, come ha suggerito una editorialista del quotidiano cattolico?”, protesta Vian intervistato da Aldo Cazzullo. Mi stupisce la brutale semplificazione, al limite del falso, come ben rileva su “Avvenire” di oggi Marina Corradi, autrice di quell’editoriale. Nel quale non veniva avanzato nessun paragone fra i naufraghi e la Shoah, ma si denunciava l’indifferenza manifestata per la sorte di quegli sfortunati. Questa sì, paragonabile all’indifferenza per la sorte degli ebrei deportati.
A mettere le mani avanti, da subdolo burocrate, Vian accompagna la sua mistificazione con una vaga allusione al “mondo ebraico” che avrebbe sollevato “riserve su questa utilizzazione di fatto irrispettosa della Shoah”. Come dire: tiro un colpo a “Avvenire”, ma, sapete, lo faccio anche per conto degli ebrei. Il che è falso. Gli ebrei, se lo decidono, parlano attraverso i loro organi comunitari. O a titolo personale come faccio io. E non mi risultano lamentele nei confronti di “Avvenire” ma, al contrario, una dichiarazione di apprezzamento del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni.
Ma tutti questi sono dettagli. Resterà agli atti, in sostanza, la riprovazione politica, fredda, senz’anima, con cui un direttore del quotidiano della Santa Sede bacchetta per troppa generosità “Avvenire” sul tema della carità cristiana. Una sortita da modesto politicante.