La Mafai contro le donne che si “vendicano”

mercoledì, 3 febbraio 2010

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Le donne che più si sono impegnate nella loro vita per conseguire ruoli d’eccellenza e autorevolezza, nelle professioni come in politica, sono oggi tra le più severe nel denunciare i compromessi e le debolezze delle altre. Guardano con fastidio una come Cinzia Cracchi, che per otto anni ha diviso l’ufficio e il letto con Flavio Delbono, salvo poi lavare in piazza i panni sporchi quando il maschio di potere l’ha liquidata in malo modo. Fino a costringerlo alle dimissioni da sindaco di Bologna.
Miriam Mafai, che per suo esclusivo merito appartiene all’aristocrazia delle emancipate fin dal tempo in cui il focolare domestico pareva l’unico destino femminile concepibile, mi ha criticato su “Repubblica” per aver indicato la Cracchi tra le protagoniste di vertenze pubbliche contro i politici maschi che calpestano la dignità della donna. Non ci sta, la Mafai, a farsi rappresentare da una signora che alla domanda su quando si è accorta della fine del rapporto con Delbono, risponde: “Quando mi ha disattivato il bancomat”.
Lo so bene. Una come la Mafai non avrebbe tollerato di spostarsi d’ufficio a seguito del fidanzato capufficio, su per le scale del potere, piluccando briciole di privilegio sulla di lui scia. Né probabilmente la Mafai avrebbe sopportato le gradasse ostentazioni d’infedeltà di un Silvio Berlusconi, fosse stata al posto della moglie Veronica, neppure per un pacco di miliardi. Dunque neppure Veronica Berlusconi, la cui avvocatessa sabato scorso nella Prefettura di Milano ha inchiodato per ore di estenuante trattativa patrimoniale un collegio di quattro legali del premier, meriterebbe solidarietà femminista. Troppo a lungo complice del suo uomo perché le emancipate la riconoscano come vittima?
Voglio ancora riportarvi un messaggio pervenutomi sul blog, certo meno raffinato della critica di Miriam Mafai, ma rivelatore di un sentimento diffuso. Stavolta a firmarlo è un maschio che mi scrive: “BASTA quell’atteggiamento da pappone… BASTA difendere le donne indifendibili. Io posso capire un 70enne che va con le minorenni…sono le minorenni che non capisco! son loro le vacche (scusa il francesismo)”.
Dissento. Non riuscirete a convincermi che la condivisione prolungata di modelli e vantaggi con il “loro” maschio di potere comporti per Veronica o Cinzia o chiunque altra l’obbligo di subire in silenzio l’umiliazione della loro dignità. Non accetto che si metta sullo stesso piano la giovane disposta a farsi velina, entusiasticamente subalterna al modello maschile egemone, con l’impresario delle veline, letterine, meteorine, paperette, littorine medesime. Né sopporto l’ipocrisia di chi finge scandalo per il mestiere esercitato da Patrizia D’Addario ma esalta le virtù morali del suo utilizzatore finale.
La verità è che per vie impensate, lontane dal femminismo tradizionale, negli ultimi mesi la questione femminile s’è manifestata in Italia con forza dirompente. Già tre uomini pubblici si son dovuti dimettere dai loro incarichi a seguito di comportamenti impropri nella sfera sessuale o sentimentale: il vicepresidente della regione Puglia, Sandro Frisullo; il presidente della regione Lazio, Piero Marrazzo; il sindaco di Bologna, Flavio Delbono. Tutti di sinistra? Forse solo perché birilli oggi più instabili. Ma sono convinto che è tutto un sistema arretrato e misogino a traballare. Grazie anche alle Veroniche, Cinzie, Patrizie pur così diverse l’una dall’altra. E così distanti dalle Miriam.

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