Le mie vecchie domande a Gianni Letta

giovedì, 18 febbraio 2010

Il 27 febbraio 2008 su “Vanity Fair” avevo posto queste domande a Gianni Letta. Ve le ripropongo perchè mi sembrano tornate attuali.

La settimana scorsa, ospitando Silvio Berlusconi a “Matrix”, Enrico Mentana ne ha approfittato per chiedergli se alle prossime elezioni il Popolo delle libertà avrebbe candidato Gianni Letta. Domanda più che sensata, visto che nel 2006 Gianni Letta fu il candidato del centrodestra alla Presidenza della Repubblica. E oggi il suo nome viene citato tra i favoriti per la guida del governo: nel caso il Cavaliere vinca ma scelga di fare un passo indietro; oppure nel caso si renda necessaria una “grande coalizione” col Partito democratico.
Giusta, dunque, la domanda di Mentana. A lasciarmi interdetto è stata la risposta che gli ha dato Berlusconi: no, Gianni Letta non sarà candidato nelle liste del Popolo delle libertà perché lui è un “uomo di Stato”.
Che significa? In democrazia viene riconosciuto come “uomo di Stato” colui che, proposto da un partito politico e votato dal popolo sovrano, una volta eletto si fa interprete dell’interesse generale. Altrimenti c’è solo un’altra possibilità: funzionari dello Stato come Carlo Azeglio Ciampi, chiamati eccezionalmente a ricoprire incarichi di governo o di garanzia dopo una lunga carriera nell’amministrazione pubblica o nelle istituzioni indipendenti (come la Banca d’Italia).
Gianni Letta è persona stimata che non corrisponde a nessuno dei due identikit. Da ventuno anni è il più stretto collaboratore di Berlusconi, dapprima nella sua impresa privata e poi a Palazzo Chigi. Come lui stesso ama precisare, non si è mai iscritto a Forza Italia né si considera un uomo politico. Ma allora: che parte interpreta nella commedia all’italiana un personaggio di così crescente rilevanza?
A costo di risultare prosaico, vorrei sapere: chi lo paga? Dove ha sede il suo ufficio? Rappresenta forse un’istituzione? Basta a definirlo “uomo di Stato” il trasversale apprezzamento di cui gode nell’establishment? In definitiva, mi chiedo: che lavoro fa Gianni Letta?
Di recente il Vaticano ha reso nota la sua nomina a Gentiluomo di Sua Santità. L’estate scorsa la banca Goldman Sachs lo ha nominato consulente con focus particolare sull’Italia. Ma escluderei che si tratti di impegni a tempo pieno. Per esempio si sa che tiene aperto (con Goffredo Bettini) un canale diplomatico fra Pdl e Pd. E quando il governo in carica ha dovuto concordare delle nomine bipartisan con l’opposizione, ho letto sui giornali che a Palazzo Chigi ci è andato lui.
Un’opera senz’altro meritoria, contraddistinta da moderazione e riservatezza, come già ispirata a discrezione fu la sua mission di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Unica smagliatura evidenziata da un’indagine giudiziaria: quando fu Letta a insistere nel 2005 con i vertici Telecom –accampando ragioni di sicurezza nazionale- perché mantenessero al vertice Giuliano Tavaroli, artefice di spionaggi illegali e scandalosi.
Gianni Letta conosce il potere romano come le sue tasche, da una quarantina d’anni. Sa bene che una democrazia sregolata come la nostra è sempre in cerca di luoghi informali di compensazione. Perfino il simbolo folcloristico di questa trasversalità necessaria –il salotto di Maria Angiolillo- viene riconosciuto come luogo “lettiano” per eccellenza, se non altro per i quindici anni in cui guidò il giornale degli Angiolillo, “Il Tempo”, prima di entrare nel 1987 alla Fininvest di Berlusconi.
Così è diventato una figura preziosa in quanto affidabile. Uno snodo di buonsenso fra politica, banche, servizi segreti, Chiesa, e chissà che altro. Lo stesso Veltroni ha dichiarato che gli piacerebbe vedere Gianni Letta ministro in un governo di centrosinistra. Immagino lo consideri un elemento della costituzione materiale del paese, una garanzia di stabilità. E Letta ricambia sempre col garbo felpato che lo contraddistingue, spingendosi di recente a dichiarare in pubblico la sua preferenza per larghe intese di governo. Troppo modesto per aggiungere: guidate da lui.
Nella speranza che mi perdoni l’indiscrezione, vorrei consigliare a Gianni Letta il gesto sano, da vero “uomo di Stato”, di candidarsi alle elezioni. In vista degli alti incarichi che lo attendono.

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