L’Autorità non ha il diritto di snaturare La7

venerdì, 26 febbraio 2010

Questa mia intervista, realizzata da Beatrice Borromeo è uscita su “Il Fatto”.
Invece che curare la malattia della Rai vogliono estendere il contagio a tutte le televisioni”.
Gad Lerner, conduttore de L’Infedele, trasmissione di approfondimento in onda ogni lunedì sera su La7, lancia un allarme che in questi anni berlusconiani ricorre con frequenza preoccupante: “Ci stanno mettendo il bavaglio”. Vive così Lerner la decisione dell’Agcom – autorità per le garanzie sulle comunicazioni – di imporre le norme sulla par condicio anche alle tv private, scelta contro cui si sono già appellate Mediaset e Sky e su cui deciderà il Tar del Lazio.
Che c’è di male nel rispettare la par condicio?
La decisione dell’Agcom è doppiamente illiberale: stravolge e snatura La7, una tv il cui profilo è l’approfondimento giornalistico, e che in questi anni di duopolio è stata un’alternativa culturale.
Dunque ?
Non vogliono regolamentare, vogliono uccidere il nostro palinsesto. Ci sarà un danno a noi conduttori, all’azienda, alla concessionaria di pubblicità. Danneggiano un’emittente che sul mercato è già penalizzata rispetto al duopolio collusivo tra Rai e Mediaset. E’ molto grave e ricorreremo alle necessarie forme di protesta.
Anche la Rai perderà pubblicità per circa tre milioni di euro. Il radicale Marco Beltrandi dice che senza questa norma la Rai sarebbe svantaggiata rispetto alle televisioni private.
Gli rispondo che la Rai è svantaggiata dalla sua natura proprietaria, che la sottomette al dominio dei partiti in modo anacronistico. Non ci sono eguali nel mondo libero. Camuffa la sua vera natura che in realtà non è pubblica: la Rai è la televisione privata dei partiti.
Fatti loro quindi?
Non possono far pagare anche alle altre tv la malattia della Rai. Il vizio va curato, non si può estendere il contagio. La tv di Stato ha un editore cui sta a cuore tutto tranne che la qualità dell’informazione.
Secondo Emilio Carelli, direttore di Sky tg 24, la mossa dell’Agcom è incostituzionale perché limita la libertà d’espressione.
Chiunque abbia buon senso può constatare che questo provvedimento imbavaglia le trasmissioni di approfondimento e lascia mano libera ai tg faziosi.
Chi ci guadagna?
È evidente che ci guadagna il centrodestra: somma gli spazi che i telegiornali dedicano ai partiti della maggioranza con quelli che si devono concedere al governo: parlano i ministri, poi i candidati di centrodestra e infine quelli dell’opposizione.
Quindi secondo lei c’è un calcolo?
Certo. Imbavagliano i contenitori di approfondimento e continuano a bastonare con la disinformazione tramite i telegionali avendo il doppio del tempo a disposizione per la loro propaganda.
Quali sono i tg che fanno disinformazione?
Ovviamente il Tg1. Poi il Tg5, Tg4 e Studio Aperto.
Però c’è stato un piccolo cortocircuito, perché anche Mediaset ha fatto ricorso al Tar contro l’Agcom e contro gli interessi di Berlusconi.
Mediaset ha un solo talk-show, Matrix. E da quando ha liquidato Mentana, ha ceduto il passo al dominio di Vespa. Mediaset non ci perde granché rispetto a quello che guadagna Berlusconi, ecco perché i membri di centrodestra della commissione di Vigilanza hanno votato per espandere la par condicio alle tv private.
La norma equipara l’informazione giornalistica alla comunicazione politica. Cosa c’è di sbagliato in questo?
Così si nega qualsiasi dignità alla professione giornalistica, si riduce il giornalista a umile passaparola, a cronometrista. Ci tolgono il diritto di critica, di obiezione, di contrasto alle risposte elusive o meramente propagandistiche. È come dire che giornalismo e politica non possono stare insieme, quando invece questo è il momento cruciale per gli italiani che cercano di farsi un’opinione in vista del voto.
Crede che questo provvedimento influenzerà il voto della gente alle prossime Regionali?
I burocrati della Vigilanza non bastano. In Italia è in corso un profondo submovimento, in molti colgono il grado di illegalità diffusa della classe dirigente. La gente è disincantata, non è più solo una parte minoritaria che constata. La consapevolezza prescinde da qualsiasi bavaglio che ci mettono, anzi potrebbe essere un autogol da parte di chi l’ha applicato.
Ma crede che gli elettori voteranno sapendo di aver ricevuto un’informazione parziale?
Sì. Perché di fronte alle tribune politiche che vedremo, fatte col cronometro, senza contraddittorio, anche il telespettatore più distratto si accorgerà che è stato messo un bavaglio.
Non è abusato parlare di bavaglio?
Secondo me è un’evidenza che si imporrà ai telespettatori. Vedranno all’opera, se questo provvedimento non verrà ritirato e se noi perderemo i nostri ricorsi, un regime illiberale. Vedranno la vera informazione addomesticata, i tg faziosi, vedranno che noi non abbiamo più una voce.
Non c’è nessun aspetto positivo?
Un’unica consolazione: questo limiterà la noia di talk-show fondati solo sulla compagnia di giro. Quelli in cui è più probabile che cambi il conduttore piuttosto che gli ospiti: parlano sempre gli stessi politici che dichiarano su tutto. Io cerco gente competente sul serio, originale, interessante. Ora almeno saranno costretti a variare.
Sky ha annunciato che manderà in onda comunque i faccia a faccia nonostante il divieto. Cosa dobbiamo aspettarci da L’Infedele?
La cosa sicura è che io non rinuncerò a parlare di politica, della campagna elettorale, degli scandali. Se mi vieteranno di portare in studio politici inviterò altre persone titolate a esprimersi.
Non può: per l’Agcom la campagna elettorale non va affrontata neanche indirettamente.
Vedremo! Un cittadino non può parlare di politica in tv se non è dirigente di un partito o candidato? Voglio proprio vedere!
Perché se il provvedimento dell’Agcom avvantaggia così tanto Berlusconi, il Partito democratico non combatte e, anzi, ha sollecitato i suoi consiglieri a votare favorevolmente all’estensione delle regole alle tv private?
Il Pd ha fatto un calcolo miope. Ha pensato: tarpiamo le ali a Mediaset che altrimenti dilagherà contro di noi. Ma così facendo ha privilegiato una convenienza spicciola su un principio che invece doveva considerare inderogabile.

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