Il banchiere nell’Italia di oggi

giovedì, 15 aprile 2010

Leggo che Domenico Siniscalco sarebbe designato alla presidenza del consiglio di gestione della banca Intesa Sanpaolo. Nel rallegrarmene -essendo amico di tutti è amico pure mio- vi ripropongo questo suo ritratto che pubblicai su “Vanity Fair” nel lontano 2004. Come sapete nel frattempo Siniscalco è riuscito a dimettersi da ministro dell’Economia del centro-destra poco prima che il centro-destra perdesse le elezioni, ma senza compromettere i suoi ottimi rapporti col centro-destra. Il che, sia ben chiaro, non gli impedisce di mantenerne di ottimi pure a sinistra. E Umberto Bossi che su richiesta del popolo vuole prendere le banche del Nord? Sono sicuro che Siniscalco lo convincerà a considerarlo abbastanza popolare, anche se nel frattempo ha lavorato alla Morgan Stanley con base a Londra.

Dice l’innocuo gossip della capitale che il Circolo della Caccia, uno di quei ritrovi decadenti per combriccole che almeno una volta l’anno adorano radunarsi in tight, avrebbe bocciato con voto insindacabile dei suoi soci la domanda d’ammissione formulata dal ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco. Perché mai? Perché nelle sue vene non scorre neanche una goccia di sangue blu, in altre parole gli manca un anche solo lontano ascendente aristocratico. In democrazia ciascuno è libero di darsi anche delle regole imbecilli.
Come non sfuggirà ai lettori, la vera domanda però è un’altra: perché mai Domenico Siniscalco, con tutto quello che ha da fare, dal golf alla politica, passando per la Juve e l’università, desidera anche iscriversi al Circolo della Caccia? La risposta è semplice: perché Domenico Siniscalco vuole iscriversi dappertutto. E’ la sua indole, che già gli vale il nomignolo assai calzante di Ministro dell’Armonia.
Quando sedeva nel consiglio di amministrazione Telecom su delega pubblica, un giornale economico ebbe la malizia di pubblicare l’elenco di altre aziende potenzialmente concorrenti di Telecom, del cui cda Siniscalco era membro senza tema di conflitto d’interessi: una discreta collezione da cui si dedusse fra l’altro che il nostro ministro era già di casa nelle imprese di Berlusconi fin da quando contribuiva a scrivere il programma dell’Ulivo (riuscì a essere contemporaneamente consigliere di Giuliano Amato e Francesco Rutelli quando i due si contendevano la candidatura a premier).
Sia ben chiaro, collezionava posti in cda non per fame di gettoni di presenza, ma proprio per il piacere di quella presenza, il più dappertutto possibile. Grazie alla sua indubbia preparazione di economista e a una simpatia intraprendente da vecchia conoscenza, dài diamoci una mano nel business e intanto divertiamoci assieme.
Come avrete capito anch’io ho condiviso (con milioni di altri, comincio a temere) un’affettuosa frequentazione con Domenico Siniscalco, nè esito a rivendicarla come amicizia. Ma proprio questa diretta conoscenza mi ha impedito di stupirmi per la rapidità con cui il Ministro dell’Armonia si è liberato dell’ombra di un predecessore come Giulio Tremonti, cui lo legava addirittura una coabitazione giovanile oltre che la complicità di una vita e la gratitudine per averlo nominato direttore generale del ministero più importante d’Italia. E’ in effetti la stessa disinvoltura con cui fra il 2000 e il 2001 fu l’unico che io conosca a riuscire a tenere il piede non in due ma in tre staffe (consigliere di Amato ma anche di Rutelli, e contemporaneamente già “promesso” all’imminente vincitore Tremonti). Siniscalco incede ben oltre tali contingenti appartenenze, miserie della provvisorietà, esprimendo al più alto livello e in una versione sorridente (dunque gradevole) quel trasformismo di cui è intessuta buona parte della storia patria.
Il Ministro dell’Armonia che doma sindacati e opposizione tramite un’operazione verità sui bilanci; rende omaggio al Governatore della Banca d’Italia riconoscendolo epicentro intoccabile del sistema; strizza l’occhio ai neo-confindustriali nel nome della complicità generazionale, si propone come pilastro per un’operazione politica che potrebbe piacere anche al suo premier Berlusconi: anestetizzare un’Italia indebitata e traballante incuneando un autorevole centro di potere fra i due opposti schieramenti politici. Rinnovando dunque quel rapporto fra governo e establishment finora mancato nella legislatura del centrodestra. Dal Quirinale al Vaticano, dai patti di sindacato fra poteri (ex) forti alla direzione del Corriere della Sera, sono in molti ad accarezzare un simile armonico disegno. Unico punto debole: somiglia più a una somma di debolezze che a una forza innovativa. Ma abbagliati dal sorriso di Domenico Siniscalco, chi volete che ci badi?

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