Perchè insistono, soli contro tutti

mercoledì, 26 maggio 2010

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Berlusconi pensa davvero che le vittorie elettorali gli diano il diritto di confezionarsi una legislazione su misura. E pazienza se il Procuratore nazionale antimafia, tutti gli editori italiani, perfino il Sottosegretario statunitense alla Giustizia gli chiedono di desistere. Pazienza se –carte alla mano- i magistrati hanno demolito la bugia per cui saremmo un paese con troppe intercettazioni telefoniche. Berlusconi, cui non manca il fiuto dell’uomo di marketing, avverte la marea montante dell’indignazione per i comportamenti illegali e immorali della classe dirigente. Per questo vuole imbavagliare l’informazione che li racconta alla cittadinanza; e rendere più complicate alle Procure della Repubblica le indagini sui potenti, limitando a 75 giorni le intercettazioni telefoniche.
Può sembrare paradossale che l’editore del “Grande Fratello” e del più diffuso settimanale di gossip –uno che campa di indiscrezioni, uno abituato a lanciare avvertimenti minacciosi tramite i suoi giornali- sfidi ora l’opinione pubblica nel nome della tutela della privacy. Un principio importante che lui deforma come pretesa di poter violare la legge in casa propria senza essere perseguiti; e senza che giornali, televisioni, libri possano darne conto nella fase istruttoria dei processi.
Per un anno ci siamo sentiti dire che le bugie e la compravendita di donne al servizio dei potenti, erano solo gossip. Adesso la parola magica di chi viene preso con le mani nel sacco è un’altra: gogna mediatica. Detta anche: tritacarne. Perfino il ministro Scajola si è lamentato di essere vittima della gogna mediatica, o di essere finito nel tritacarne, quando alcuni giornali (non certo il Tg1 o il Tg5) hanno raccontato dei novecentomila euro in assegni circolari piovuti dal cielo mentre lui ne tirava fuori solo 610 mila per l’appartamento vista Colosseo. Capisco. Avrebbe preferito che non ne venissimo a sapere nulla, e continuare a fare il ministro delle Attività produttive (a proposito, Berlusconi non farebbe meglio a nominarne uno nuovo, vista la situazione economica, anziché impegnarsi tanto per la legge-bavaglio?).
Vogliono farci credere che l’Italia sia un paese in cui vige la barbarie del giudizio sommario. Ma la verità è che i reati contro la pubblica amministrazione sono perseguiti poco e male. Gli arricchimenti illeciti, la corruzione e gli abusi dei potenti sono palesemente un sistema, non un’eccezione. La legge-bavaglio sulle intercettazioni telefoniche e sul divieto di divulgare i contenuti delle inchieste, ha il preciso scopo di proteggere questo sistema. Non colpisce gli eccessi d’indiscrezione, per esempio distinguendo le vicende processuali da quelle estranee alle inchieste, ma censura in blocco.
Estende un’idea sottomessa dell’informazione che già ha ridotto il Tg1 a megafono di regime come mai lo era stato, privo di alcuna dialettica plurale. Non deve essere stato facile per Maria Luisa Busi rinunciare per protesta a condurne l’edizione serale, ma è una scelta che le fa onore.
E’ la stessa logica, del tutto estranea al mercato, per cui la Rai è pronta a sborsare molto pur di realizzare un pessimo affare, cioè la chiusura anticipata di “Annozero”. Per un’azienda finita in ostaggio della politica, liberarsi di Michele Santoro vale ben più di un programma d’eccellenza informativa (fazioso, certo, ma appassionante) che le raddoppiava gli ascolti medi sulla bisognosa Raidue.
Invecchiando, Silvio Berlusconi trasforma la sua cura dell’immagine in ossessione del consenso. Ciò lo costringe a digrignare i denti, con gravi effetti antiestetici.

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