Nel luogo simbolo della resistenza ebraica alla colonizzazione romana, tra la fortezza di Masada e il Mar Morto, là dove gli ultimi guerrieri del Regno d’Israele si tolsero la vita pur di non cadere in mano nemica, ieri notte ho assistito a un evento straordinario insieme ad altri seimila fortunati. Al terzo atto della rappresentazione del Nabucco, il coro ha intonato un “Va pensiero” struggente, drammatizzato dalle circostanze politiche difficilissime. Un applauso emozionato ha ottenuto il bis. Ma non bastava. A quel punto il direttore Daniel Oren si è fermato e ha parlato alla folla, chiedendo di non applaudire sull’imperdibile finale in discendendo, e invece di partecipare tutti al coro. Ripetuto una terza volta. Tutti insieme, ripensando al tempo in cui era un nazionalismo mite, il nazionalismo ebraico. Ricorderò tutta la vita quei minuti vissuti insieme agli schiavi di Babilonia, col pensiero rivolto all’odierna schiavitù del militarismo.
I molti italiani presenti notavano anche quanto sia blasfemo che di tale musica risorgimentale verdiana pretendano d’impossessarsi i leghisti nell’Italia contemporanea.