Ieri sera i tg meno addomesticati hanno trasmesso qualche frammento del vero e proprio duello rusticano in cui si sono cimentati Sandro Bondi e Gianfranco Fini, invano moderati dal padrino Pierluigi Battista. E’ apparso evidente che alle prossime elezioni, non importa quando, il presidente della Camera non potrà candidarsi nella stesso partito di Berlusconi e dei suoi fedelissimi. Il momento più caldo si è registrato quanto Fini si è occupato del sottosegretario Nicola Cosentino, su cui pende una richiesta di arresto per associazione camorristica, sostenendo che in nessuna democrazia occidentale un tale personaggio conserverebbe l’incarico di segretario regionale del suo partito, almeno fino a quando la sua posizione giudiziaria non sia chiarita. Bondi si è infervorato vantando i successi del governo nella lotta contro la criminalità organizzata, come se ciò bastasse per controbattere l’obiezione. Poi ci sono il caso Brancher, il caso Scajola, il caso Verdini, il caso Bertolaso.
Fini lasciava trasparire la convinzione che il disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche non verrà approvato così com’è dal Parlamento prima delle ferie estive. Mi aspetto nei prossimi giorni una retromarcia di Berlusconi che tutto è meno che un temerario. Il premier sa bene di non poter trattare Fini come una pulce insignificante solo sulla base dei sondaggi che ne evidenziano la limitata forza elettorale. Perchè il Pdl finito nelle mani di uomini come Bondi potrebbe subire una deflagrazionegià prima che l’uomo di Arcore ottenga l’ennesimo ricorso alle urne.