Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
La notizia della cena imbandita da Bruno Vespa in occasione dei suoi cinquant’anni di giornalismo, è di quelle che un’eccessiva passione per l’analisi politica ha subito distorto.
Si è ragionato per giorni sull’eventualità che l’Udc entri nel governo, traballante e bisognoso di appoggi per via della prossima separazione dalla componente finiana del Pdl. I cronisti del Palazzo si sono eccitati dopo aver letto che il conduttore di “Porta a porta” aveva riunito –stavolta in terrazza, anziché nello studio televisivo- Silvio Berlusconi & Pier Ferdinando Casini, sotto lo sguardo benedicente di sua eminenza Tarcisio Bertone e di altri tre cardinali del potere di qua e di là del Tevere come Gianni Letta, Cesare Geronzi e Mario Draghi. Come al solito si sono lasciati sedurre dal dettaglio di quelle presenze, non rendendosi conto che il significato dell’evento risiedeva per intero nel cerimoniale stesso.
C’è voluta la solita maretta di dichiarazioni, soprattutto leghiste, buone per riempire un annoiato week end di calura estiva, a debellare l’ipotesi che il “ghe pensi mi” del Cavaliere potesse declinarsi in romanesco dentro una casa di proprietà vaticana. Lì da Vespa si faceva dell’altro: si cenava proprio, brindando al mezzo secolo di professione del suddetto. Nulla di più, nulla di meno. E vi consiglio di non sottovalutare l’evento.
So bene che a scriverne corro il rischio della lettera di precisazione vespiana, genere letterario nel quale il mio illustre collega è versatissimo, coltivando la cura della propria immagine come suo hobby preferito. Più oltre ipotizzerò semmai la forma in cui potrebbe abbattersi su di me, sempre che io ne sia considerato degno. Ma innanzitutto –come non vederlo?- è il doppio, se non triplo governo di Roma che attraverso il doveroso riconoscimento alla persona mediana di Bruno Vespa doveva riconoscersi.
Alcuni membri del sestetto decretato quale crème del potere a insindacabile giudizio del padrone di casa saranno certo lieti di esservi annoverati: non mi riferisco solo ai leader politici, e al porporato che porta l’insolito titolo di Segretario di Stato, così poco spirituale; ma anche a un finanziere come Geronzi che da una vita coltiva, e talvolta millanta, la propria rilevanza quale tramite fra le istituzioni e gli affari. Costoro avranno gradito di essere stati pubblicati sulla lista dei commensali. Ciò che indispettirà piuttosto il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, il tipo che preferisce sempre esserci ma senza farlo sapere in giro. Diciamo che non poteva dire di no, si è lasciato incastrare.
La finalità celebrativa della serata, prevalente su ogni ipotetico significato altro, veniva del resto ribadita dall’emanazione di un comunicato stampa da parte del medesimo Bruno Vespa. Che si è sentito costretto a precisare: non avevo invitato il presidente della Camera. A lui ho destinato una prossima occasione conviviale, ma per impegni ha declinato.
Rodetevi pure d’invidia, voi disabituati a diramare comunicati stampa sulle cene convocate a casa vostra. La simbologia del potere, celebrata in un appartamento dotato di terrazza di proprietà di un ente ecclesiale il cui nome si richiama alla propaganda, e il cui affitto oneroso Bruno Vespa ci tiene a dichiarare con signorilità, così come le spese importanti sostenute per la ristrutturazione, ha bisogno di momenti pubblici. Soprattutto quando alla simbologia, come nel caso di Vespa, non corrisponde un potere reale.
In fondo siamo solo maggiordomi, caro Bruno. A proposito, e la lettera di precisazione? Ah già, eccola: Gad Lerner non è forse quello che quattordici anni fa volava in elicottero con Agnelli e l’anno scorso fu paparazzato in Sardegna a casa De Benedetti…
Perchè celebriamo il cinquantennio vespiano
mercoledì, 14 luglio 2010
Si parla di: cena da Bruno Vesoa, Cesare Geronzi, Gianni Letta, Mario Draghi, Propaganda Fide, Tarcisio Bertone