Mi impressiona constatare che il Partito democratico resta imbrigliato in una discussione di natura esclusivamente tattica, anche di fronte alla crisi del progetto di governo della destra. Da quindici anni ci si arrovella su quale sia il sistema elettorale più adatto a conseguire un’alternanza parlamentare -meglio il maggioritario o il proporzionale?- lasciando inevase le questioni di strategia, come se il mondo nel frattempo non fosse cambiato. L’acuirsi delle ingiustizie sociali, il rapporto con i poteri economico-finanziari sovranazionali, la metamorfosi del sistema produttivo e dei rapporti di lavoro, i cambiamenti dei consumi e l’inadeguatezza del welfare, le scelte di politica ambientale e il contrasto al degrado culturale, sono temi che restano oscurati. Pare più urgente dilaniarsi su una riforma della legge elettorale certo necessaria, ma per cui non ci sono i numeri. Dominano la scena i protagonisti di sempre, capaci solo di offrire l’antinomia fra modello tedesco e bipolarismo. Largo a D’Alema e Veltroni, silenzio sui progetti di cambiamento della società e sui soggetti sociali che dovrebbero animarli.
Irretiti dallo spauracchio delle elezioni anticipate, partiamo come al solito con il piede sbagliato.