L’Infedele e la fine del governo Berlusconi

mercoledì, 10 novembre 2010

E’ pensabile un nuovo governo di centrodestra senza Berlusconi? O proprio quando diviene palese il suo declino, e perfino i suoi devoti ipotizzano un “passo indietro”, il Cavaliere di Arcore si conferma insostituibile? Stasera alle 21,10 su La7 L’Infedele cercherà di interpretare questa delicatissima fase di stallo della classe dirigente italiana ricorrendo all’aiuto di osservatori autorevoli: Alberto Asor Rosa, Angelo Panebianco, Alessandro Campi, Bruno Tabacci. Interessante sarà anche la riflessione di una parlamentare vicina al premier, Deborah Bergamini, che di recente ha espresso critiche alla conduzione del Popolo della Libertà. Ma prima di loro, all’inizio della trasmissione, io e Gianluigi Nuzzi di “Libero” vi proporremo un breve dialogo con Massimo Ciancimino, credo di grande interesse e non estraneo al tema della puntata. Dopo la discussione sulla crisi del governo, a partire dalle 22,40 circa, L’Infedele ospiterà l’ultimo confronto fra Stefano Boeri, Valerio Onida, Giuliano Pisapia e Michele Sacerdoti, cioè i candidati alle primarie del centrosinistra per il sindaco di Milano, che si terranno domenica prossima 14 novembre. Sarà presente Igor Iezzi, giornalista de “La Padania” e segretario milanese della Lega Nord. Per darvi un’idea dei temi che affronteremo stasera, e nel sollecitarvi suggerimenti, domande, commenti, riporto qui di seguito un mio intervento.

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Per quanto resti abbarbicato all’incarico di presidente del Consiglio –almeno fin quando sarà la Lega a preferire l’opposizione, rispetto al sostegno di un governo paralizzato- Berlusconi viene ormai percepito comunemente a fine corsa. Menomato in ciò che di più prezioso arma un leader carismatico, cioè il prestigio e la credibilità, vede sfarinarsi pure la forza dei numeri parlamentari. Così il vecchio istinto mediatico gli suggerisce di denunciare come complotto di Palazzo l’insieme dei fattori che lo riducono all’impotenza, ma dubito che stavolta l’”appello al popolo” trovi un uditorio sufficiente disposto a identificarsi nel destino del Capo in disgrazia.
Presagi sinistri come lo smottamento di Pompei e l’alluvione in Veneto, sembrano rappresentare simbolicamente un paese reso fragile da flussi sotterranei poco decifrabili. La fine del ciclo berlusconiano non genera leadership politiche di segno alternativo ma piuttosto tensioni nordiste e sudiste al limite della spaccatura, fra potentati locali per loro stessa natura di destra ma incompatibili l’uno con l’altro.
E’ paradossale, ma nel mentre Berlusconi tramonta pare evidenziarsi una sua apparente insostituibilità. Il che è sempre falso, in politica nessuno è insostituibile, però lascia intendere che dopo di lui c’è il buio. E che la successione alla guida del paese sia una faccenda che in ogni caso riguarderà solo la metà destra dello schieramento politico.
Fin qui le apparenze, e se permettete anche i guasti provocati dall’abitudine a considerare la politica solo come rappresentanza di interessi clientelari. Ma siamo sicuri che a sinistra non si muova proprio nulla?
Sabato scorso a Milano ho partecipato a una serata insolita, per affollamento e pathos emotivo, fuori e dentro un teatro del centro cittadino: l’occasione era la venuta di Nichi Vendola in sostegno a Giuliano Pisapia per le elezioni primarie con cui domenica 14 novembre il centrosinistra chiamerà i cittadini a scegliere il candidato sindaco. Oltre a Pisapia ci sono altri tre degnissimi concorrenti (Stefano Boeri, Valerio Onida, Michele Sacerdoti). Ma soprattutto mi interessa segnalare il clima d’attesa e di partecipazione che rende prevedibile vada a votare moltissima gente fino a ieri disillusa e rassegnata. Come se per la prima volta un cambiamento risultasse verosimile, dopo quasi un ventennio di egemonia della destra.
Insisto sul “caso Milano” perché si tratta della capitale della destra berlusconiana e leghista, certo ormai suddivisa in clan rivali, ma pur sempre epicentro di un modello culturale fondato sul motto: “voi consumate, al resto ghe pensi mi”. Ebbene, l’eventualità che qui accada l’impensabile, cioè un ritorno alla guida della città della sinistra riformista, non è più così peregrina. Inversione di tendenza in vista? Chissà.
Di certo sul populismo di sinistra incarnato da Vendola, con inedite capacità di parlare ai giovani, ma anche con le buone referenze di chi amministra da due legislature una grande regione, varrà la pena di soffermarsi con più attenzione. La caratura intellettuale di Vendola mi pare decisamente superiore rispetto ai cosiddetti “rottamatori” del Partito democratico che in gran numero si sono riuniti il giorno stesso a Firenze, manifestando a loro volta un bisogno di militanza fuori dalle strettoie burocratiche. C’è subbuglio, le alternative oggi hanno ancora volti sconosciuti e balbettano solo proposte generiche di fronte alla necessità di fronteggiare una crisi che cambia la vita delle persone. Ma perché non riconoscere con sollievo l’energia positiva dei cittadini che vogliono tornare a scegliere democraticamente i loro rappresentanti?

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