La linea sbagliata di Filippo Penati

martedì, 16 novembre 2010

Leggo che Filippo Penati si dimette da coordinatore della segreteria nazionale del Pd, assumendosi con ciò la responsabilità degli errori compiuti a Milano nella scelta del candidato sindaco e nella gestione delle primarie. Il gesto ha una sua nobiltà, mirando a salvaguardare i giovani dirigenti milanesi del partito che in realtà agirono sotto la sua diretta supervisione. Ma non contribuisce ancora a fare chiarezza su un’impostazione politica che viene da lontano e che da tempo denuncio come sbagliata. Penati è un post-comunista di formazione culturale amendoliana, moderato e diplomatico, istintivamente portato a considerare la manovra politica e la diplomazia con i poteri economici un’arte nobile da professionisti. Crede che il popolo sia guidato da istinti conservatori e detesta il radicalismo minoritario degli intellettuali. Ciò lo ha portato ad assumere posizioni da “leghista di sinistra” in favore delle ronde, assecondando un allarmismo becero sui rom, senza che ciò gli sia bastato a riconfermarsi presidente della Provincia di Milano nel 2008. Lo schema “vetero” secondo cui “bisogna conquistare i moderati candidando una figura da loro digeribile” lo ha portato infine a scegliere Stefano Boeri in contrapposizione a Giuliano Pisapia.
Non ho mai lesinato le mie critiche a Penati, anche se lo trovo personalmente assai simpatico. Ora non capisco bene se le sue dimissioni dalla segreteria nazionale anticipino un suo più diretto impegno a tempo pieno a Milano. In tal caso vorrei dire a Bersani, che lo aveva prescelto come suo diretto emissario nel Nord Italia, che varrebbe la pensa rimettere in dubbio una concezione dell’intervento politico rivelatasi inadeguata alla realtà. Il gesto delle dimissioni è rispettabile. Ma più importante sarebbe discutere in pubblico gli errori compiuti.

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