Perchè Marchionne vende meno automobili?

mercoledì, 5 gennaio 2011

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
Opinion leaders di spicco come Mario Monti, Giuliano Ferrara, Mario Pirani lo elogiano addirittura come un condottiero rivoluzionario; militanti di opposta tendenza, come il ministro Maurizio Sacconi e il sindacalista Giorgio Cremaschi, si ritrovano d’accordo nell’affiancarlo a Berlusconi quale demolitore della cultura egualitaria marxista-sessantottina; perfino il quotidiano della Confindustria, cioè l’associazione da cui il nostro si è appena dissociato, lo incensa nominandolo uomo dell’anno. Sia consentito di domandare chiarimenti a cotanta illustre compagnia: ma siete proprio sicuri che il manager Sergio Marchionne sia un grande imprenditore dell’industria automobilistica, al servizio della quale opera da più di sei anni?
Comprendo l’esultanza degli azionisti, a partire dalla famiglia Agnelli, che da lunedì scorso, grazie allo “spin off” della Fiat in borsa, potranno separare progressivamente il loro destino dalla storia dell’automobile italiana. Comincia a realizzarsi ciò che il fu avvocato Gianni Agnelli, sia pure per malinteso orgoglio dinastico, rifiutò anche solo di ipotizzare in vita: la fuoriuscita della sua famiglia dal settore auto, dopo che il baricentro aziendale si è già spostato da Torino a Detroit. Marchionne, dal punto di vista di John Elkann e degli altri eredi Agnelli, ha senz’altro il merito di aver salvato l’azienda dal fallimento con l’aiuto delle grandi banche italiane, evitando poi di consegnare loro la gestione perché ciò ne avrebbe reso problematico il successivo disimpegno dal territorio nazionale.
Ma cosa ha realizzato in termini di innovazione di prodotto, di modelli vincenti o di conquista di nuovi mercati, l’imprenditore automobilistico Sergio Marchionne? Per fabbricare la Panda a Pomigliano anziché in Polonia, e per montare una Jeep della Chrysler a Torino Mirafiori anziché altrove, ha bisogno di costituire addirittura nuove società, alterando le relazioni contrattuali vigenti in Italia. Tanto basta a dirottare la luce dei riflettori su un nemico di comodo, la Fiom Cgil che non ci sta, tanto più che fra le clausole pretese da Marchionne vi è l’esclusione dalla rappresentanza aziendale dei sindacati che rifiutino le normative approvate dalla maggioranza.
Mi spiace, ma in questa indignazione esasperata con cui si guarda al dissenso del sindacato di Maurizio Landini e Giorgio Cremaschi, quasi che la nazione dovesse rivivere oggi l’ennesima svolta ideologica, con tanto di scontro interno alla Cgil, e prossimo referendum dall’esito scontato nelle officine torinesi (o mangi questa minestra, o salti dalla finestra), io ci vedo un trucco. Secondo me Marchionne si è andato a cercare un bel nemico da infilzare sulle pagine dei giornali, ma non sono certo il costo del lavoro e queste marginali schermaglie sindacali i fattori in base a cui ha scelto, dal 2004 in qua, dove posizionare gli impianti e investire i quattrini destinati dalla Fiat all’auto: lontano dall’Italia.
Nessuno dei seguaci del Marchionne-pensiero e nessuno dei critici della Fiom-Cgil può seriamente credere che sia a causa della conflittualità sindacale (chi l’ha vista?) o della scarsa produttività per addetto se l’Italia negli ultimi anni è precipitata fino a costruire appena il 3,9% delle vetture europee. Se gli stessi impianti italiani che qualche anno fa producevano 900 mila vetture, nel 2010 ne hanno prodotte solo 600 mila, è forse colpa del sindacato rosso? O sarà invece questione di qualità dei prodotti e di competitività dei nuovi modelli se le automobili costruite in Germania aumentano del 15%, e restano più di un terzo di quelle costruite in tutta Europa nonostante gli operai tedeschi siano pagati 500 euro più dei nostri? Ho l’impressione che stiamo misurando Marchionne su tutto, tranne che sulle automobili che la Fiat non riesce più a sfornare.

I commenti sono chiusi.

I commenti di questo blog sono sotto monitoraggio delle Autorità. Ti preghiamo di mantenere i toni della discussione entro i limiti di buona educazione e netiquette in essere come regole del blog. Inoltre usa con moderazione i seguenti comandi di formattazione testo.