Il “Sì” rimasto al 54%, brutta grana per la Fiat

sabato, 15 gennaio 2011

E’ proprio vero che Mirafiori resta un luogo imprevedibile nei suoi comportamenti collettivi. Lo stabilimento in cui si solo due anni fa, alle elezioni della Rsu, si era manifestata tutta la debolezza di consensi della Fiom Cgil, ridotta a secondo o terzi sindacato interno, nel referendum-ultimatum voluto da Marchionne ha registrato un’alzata d’orgoglio degli operai. L’accordo è stato approvato per un pelo, con l’apporto determinante degli impiegati e dei turnisti (che naturalmente sono lavoratori come gli altri, portatori di interessi legittimi ma per certi versi specifici). Per i sindacati firmatari del Sì è una sconfitta plateale, perchè sulla carta il loro consenso in fabbrica avrebbe dovuto essere superiore al 70%. In parecchi, nei reparti operai, stavolta li hanno disconosciuti. E se si aggiunge la componente di coloro che hanno votato Sì, ma dichiarandosi vittime di un ricatto (davvero moltissimi, come testimoniano i giornalisti ai cancelli), appare chiara l’impopolarità del patto con Marchionne.
L’ad della Fiat potrà anche fingere soddisfazione (aveva dichiarato che per fare l’investimento gli sarebbe bastato il 51% dei Sì: ha avuto poco più di quella cifra), ma sa benissimo che una fabbrica così arrabbiata e spaccata porrà enormi problemi di governabilità. Puntare sull’isolamento della Fiom Cgil, lo rivelano inequivocabilmente i risultati del referendum, è stato un grave errore.
Per la Fiom Cgil dunque non si è ripetuto l’incubo della sconfitta del 1955. Al contrario, i suoi consensi tra gli operai sono in crescita, più che raddoppiati da quell’imprevisto 46% di No. Escluderla dalla rappresentanza sindacale aziendale sarebbe temerario da parte del vertice Fiat. Non si può che esprimere ammirazione per il coraggioso scatto d’orgoglio con cui gli operai di Mirafiori hanno rivendicato la loro dignità, facendo capire a Marchionne che il suo ricatto è stato controproducente.

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