Il “Corriere” e la Fiat: opportuno un chiarimento

sabato, 22 gennaio 2011

Nei giorni scorsi l’agenzia Radiocor e il sito Dagospia, ripresi da numerosi organi di stampa, hanno raccontato di una lettera indirizzata al presidente della Rcs Quotidiani, il notaio Piergaetano Marchetti, per protestare contro la linea tenuta dal “Corriere della Sera” sul referendum alla Fiat di Mirafiori. Come è noto, la Fiat è un azionista importante di via Solferino. Nell’indiscrezione si sosteneva che la lettera di protesta sarebbe stata sottoscritta, non si capisce bene a che titolo, pure da altri azionisti come Tronchetti Provera, Geronzi e Della Valle. E che si riferiva in particolare agli articoli dedicati da Massimo Mucchetti a un esame critico del piano industriale di Fabbrica Italia e ai compensi percepiti da Sergio Marchionne a partire dal 2004. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, si aggiungeva, sarebbero stati gli interventi di Mucchetti all’Infedele del 10 gennaio (per non sbagliarmi, nel frattempo, l’ho pregato di intervenire anche nella puntata successiva del 17 gennaio).
Sono seguite voci di scricchiolio per la poltrona di Ferruccio de Bortoli quale direttore del “Corriere della Sera”, una visita di John Elkann in via Solferino e una netta presa di posizione contro le interferenze da parte dello stesso de Bortoli di fronte ai suoi giornalisti.
Non ho alcun titolo per rilasciare suggerimenti alla Fiat, nonostante i begli anni trascorsi a Torino quando collaboravo a “La Stampa” e la piacevole consuetudine derivatane col suo ambiente. Ma credo che nel momento in cui chiedono sacrifici ai lavoratori italiani, gli azionisti e i manager della Fiat dovrebbero accettare che i loro bilanci e le loro dichiarazioni vengano esaminati criticamente con speciale meticolosità. Anche da parte di un giornale di cui sono azionisti. C’erano dati inesatti e analisi sbagliate nei documentati articoli di Mucchetti, e nei suoi interventi all’Infedele? Prego, replichino con trasparenza. La manovretta dietro le quinte, in compagnia dei soliti specialisti nostrani in “economia di relazione”, contraddice la loro dichiarata vocazione cosmopolita. A Detroit gli industriali dell’auto non detengono azioni dei giornali e non trafficano nelle loro proprietà. Se è tutto falso, come spero, la Fiat di Elkann e Marchionne avrebbe convenienza a smentire.

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