La finta equidistanza, l’uso improprio dell’espressione “guerra civile” (come se non ci fossero da una parte il popolo che lotta per la libertà, e dall’altra un esercito che massacra i suoi concittadini), l’illusione di trarre ancora vantaggi dal rapporto privilegiato con Gheddafi, hanno fatto il loro tempo. Per dignità nazionale, oltre che per lungimiranza strategica, l’Italia deve finalmente prendere una posizione chiara di rottura delle relazioni col regime libico e di denuncia della repressione sanguinaria da esso perpetrata. La tutela dei connazionali residenti in Libia e l’intreccio delle reciproche dipendenze economiche non possono più costituire un alibi per giustificare l’attendismo opportunista. I diritti umani e la spinta popolare per la democrazia vengono prima di questi calcoli già rivelatisi ottusi. Cerchiamo di limitare la figuraccia, basta telefonate a Gheddafi e presentiamoci semmai come i possibili interlocutori di un futuro migliore per entrambe le sponde del Mediterraneo.