“Respingere”, uno slogan per poveri vecchi

mercoledì, 6 aprile 2011

Questo articolo è uscito su “Vanity Fair”.
La messinscena dell’emergenza tunisini, ribattezzata senza sprezzo del ridicolo “tsunami umano”, riempie i telegiornali e allarma la popolazione. Invasione? Orda barbarica? Esodo biblico? Ne abbiamo sentite di tutti i colori. Perfino le smagliature nelle reti che circondano la tendopoli di Manduria, e dalle quali fuggono a centinaia i migranti, paiono cesoiate in favore di telecamera per alimentare gli incubi dei cittadini bisognosi di sicurezza.
L’Italia è stata trasformata dai mass media di regime in una gigantesca Lampedusa, facendo perdere a tutti noi il senso delle proporzioni. Stiamo infatti parlando di una cifra inferiore ai trentamila sbarcati, su un paese di sessanta milioni di abitanti che nei decenni scorsi fronteggiò flussi ben maggiori sulle coste adriatiche.
Personalmente sono convinto che in questi giorni Berlusconi cavalchi l’ondata di panico con l’intento di dirottare l’attenzione che altrimenti si concentrerebbe sui molto disonorevoli processi penali avviati a suo carico; e sugli ancor più disonorevoli abusi parlamentari con cui intende sottrarsi alla giustizia.
Ma per la Lega Nord, detentrice del Ministero degli Interni con Roberto Maroni, la faccenda è diversa. Questo partito ha giocato negli anni scorsi buona parte della sua credibilità sulla scommessa di interrompere il flusso degli immigrati irregolari. Ha sbandierato come suo formidabile capolavoro politico il Trattato d’amicizia italo-libico firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 che ci è costato 5 miliardi di indennizzi post-coloniali al regime di Gheddafi, in cambio della sorveglianza congiunta lungo le coste mediterranee. Senza interferire nei metodi disumani con cui i respingimenti sarebbero stati compiuti.
Ora che le rivolte arabe hanno infranto la speranza di bloccare il flusso migratorio tramite il cinico patto stipulato con i dittatori-amici, riconoscere l’anacronismo di quella scelta rischia di essere costoso elettoralmente. Bossi cerca di lucrare ancora (per quanto?) con il suo “fora di ball” perché nel lessico politico della vecchia Italia “respingere” è certamente uno dei vocaboli più redditizi, insieme a “basta tasse”. Tanto la gerarchia cattolica brontola un po’ ma poi ha anch’essa le sue convenienze e si adegua. L’impressione però è che stavolta anche il leghismo sia avvertito come mera retroguardia.
Quando si vogliono compiacere gli italiani in una delle loro peggiori specialità, il vittimismo, allora non c’è niente di meglio che prendersela con un nemico esterno. Stavolta la furia dei nostri governanti si riversa sugli arroganti francesi e sugli infidi tunisini. Parigi, chissà perché, non si è ancora offerta di sostituirsi a noi nell’accoglienza dei migranti. Mentre il governo provvisorio della Tunisia, alle prese con un’ondata di profughi dalla Libia di oltre 150 mila persone (arrivati in un paese che ha un terzo dei nostri abitanti), si mostra colpevolmente distratto nel monitoraggio dei suoi porti.
Trasformare ogni fenomeno imprevisto in emergenza è un tic caratteristico dei governanti insicuri e privi di visione strategica. Non c’è dubbio che Lampedusa si è trovata a fronteggiare una situazione drammatica. Piuttosto che alimentare l’isteria si doveva disporre per tempo lo smistamento dei migranti sull’intero territorio nazionale. Ma soprattutto mi chiedo perché non si apra una riflessione tra i nostri leader politici sugli investimenti che all’Italia converrebbe sviluppare sulla costa Sud del Mediterraneo. Davvero siamo diventati così vecchi?

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