L’Ucei: “Scritte inaccettabili e diseducative”

martedì, 24 maggio 2011

Sono lieto di riportare questa dichiarazione di Renzo Gattegna (nella foto), presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, sulle ingiurie di cui sono stati oggetto Moni Ovadia e Giorgio Gomel. Sebbene tardiva, condanna l’attacco subito da due autorevoli esponenti dell’ebraismo italiano (che avrebbe pure potuto fare lo sforzo di nominare).

L’emotività è forte, comprensibilmente forte, perché viviamo in un’epoca nella quale avvengono ancora fatti che, come la strage di Itamar, generano orrore per la loro natura e per l’efferatezza di cui rimangono vittime adulti e bambini. Ma è necessario uscire dall’equivoco. Non è sulla condanna di quel tragico evento che è emerso il dissenso e commetterebbe un grave errore e si assumerebbe una pesante responsabilità chi volesse creare confusione tra la tragedia che ha colpito la famiglia Fogel e il dibattito, anche aspro, che è attualmente in corso in Israele, nelle comunità ebraiche e in vari consessi internazionali sulla sicurezza e sui confini futuri dello Stato di Israele. Su questo argomento il confronto è aperto e non saranno singoli episodi, per quanto gravi, che potranno impedirne lo svolgimento nella maniera più aperta e democratica.
Sarebbe inaccettabile se non si potesse discutere in piena libertà di uno dei problemi più importanti per la sicurezza di Israele. Questo infatti è l’argomento principale. Non se ci si deve impegnare per la sicurezza di Israele, ma quale sia il modo migliore per garantirla.
Sfido chiunque a dire di poter esprimere certezze e verità assolute mentre tra gli stessi israeliani esiste una grande varietà di opinioni.
Ma prima di parlare dei contenuti richiamo l’attenzione su quanto importante sia imporre a noi stessi il rispetto di alcune basilari regole di metodo, la cui inosservanza ci espone al rischio di far regredire qualsiasi dibattito a rissa verbale, turpiloquio, o peggio.
L’uso di frasi provocatorie, di termini ingiuriosi o diffamatori, di minacce non è segno di maturità e di forza, al contrario è il sintomo che esistono ancora gravi problemi di corretta comunicazione e che, anche su temi di vitale importanza, a volte non siamo in grado di contribuire alla ricerca delle soluzioni migliori, che possono scaturire solo da civili e vivaci confronti di idee.
Sento il bisogno di esprimere la mia solidarietà al preside della scuola ebraica di Roma, rav Benedetto Carucci Viterbi, responsabile di una istituto che deve restare il punto di aggregazione, di cultura e di confronto nella Roma ebraica e di una scuola i cui muri sono stati offesi e imbrattati da scritte inaccettabili e diseducative.
Sul rispetto delle regole democratiche e sulla difesa del diritto di tutti a esprimere civilmente le proprie idee l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane si è sempre impegnata a fondo e continuerà a farlo non in maniera teorica o astratta, ma con interventi forti e puntuali nella millenaria tradizione di libertà d’opinione che ci è stata tramandata come valore irrinunciabile.
Renzo Gattegna

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